RACCONTI & OPINIONI

Appello degli operai della Cellula di Rifondazione Comunista dell’ILVA per nazionalizzare l'Ilva e salvare il lavoro e la salute


Salvare l'Ilva, i suoi operai, la città di Taranto!Cosa dovrebbe fare il governo, se ne avesse la statura politica e se non avesse del tutto smarrito la stella polare della Costituzione? Dovrebbe innanzitutto espropriare la famiglia Riva, protagonista di un delinquenziale disastro ambientale e umano con pochi precedenti paragonabili. E decidere, con un atto motivato dal superiore interesse sociale, di applicare gli articolo 41, 42 e 43 della Carta perché sia lo Stato ad assumere il controllo diretto dell’azienda e a gestire in proprio quel processo di bonifica – interna ed esterna allo stabilimento – che permetta di tutelare la salute pubblica, di salvare decine di migliaia di posti di lavoro e, contemporaneamente, di scongiurare che anche il comparto siderurgico italiano subisca una compromissione irreversibile, aggiungendo altro danno al collasso che sta liquefacendo l’industria manifatturiera del Paese. Il ritardo accumulato è già gravissimo. E se ne capisce la ragione. Che non risiede soltanto nell’irresponsabile inerzia, nell’incapacità (che pure c’è e vistosa) dei nostri governanti, ma in quell’autentico tabù rappresentato dall’idea, ritenuta blasfema, che lo Stato, il potere pubblico, il popolo sovrano – se vogliamo usare, per una volta a ragion veduta, questa espressione abusata – non possa intervenire nei rapporti di proprietà. Un tabù che vieta di mettere fuori gioco un imprenditore, per quanto socialmente gravi e lesivi del bene pubblico siano i modi di conduzione di un’impresa di cui si sia reso responsabile.Il fatto è che nella cultura politica dominante, impregnata di liberismo, dopo la parentesi degli anni Sessanta e Settanta, è tornato prepotentemente ad affermarsi il principio “sacrale” che vede nell’azienda (come complesso di macchine, beni, esseri umani, attività produttiva) una zona franca, un sito extraterritoriale, impenetrabile alla giurisdizione pubblica, tanto meno ai lavoratori che vi devono lavorare come meri prestatori d’opera deprivati di ogni diritto. Si capisce allora cosa sia in gioco all’Ilva e quale salto di paradigma sia richiesto alla cultura economica e sociale del nostro Paese, dove le forze che reggono il timone si muovono, senza sbavature, nel solco di un’ideologia che fa dell’impresa e non del lavoro – con buona pace di Giorgio Napolitano – il dominus incontrastato dei rapporti sociali.Ecco, sarebbe imperdonabile se la sinistra – e a maggior ragione quella di ispirazione comunista – non cogliesse la portata del nodo-Ilva, se sottovalutasse le implicazioni non solo sociali, ma culturali e politiche, che in quella vicenda sono in gioco.Lo hanno capito benissimo, per fortuna, i compagni della cellula di fabbrica del Prc che hanno promosso – fra i dipendenti dello stabilimento – una petizione per chiedere la nazionalizzazione dell’azienda e l’avvio di un processo di bonifica, riorganizzazione, riconversione produttiva sotto il diretto controllo dei lavoratori e delle lavoratrici, oltre che dei comitati e delle associazioni ambientaliste.Sono battaglie come queste che possono potentemente contribuire a cambiare, più di tante chiacchiere, nell’ordine simbolico e nella materialità dei rapporti reali, lo stato di cose esistente.Dino Greco31/05/2013 www.liberazione.itPetizione per nazionalizzare Ilva Gli operai della Cellula di Rifondazione Comunista dell’ILVA di Taranto, con la federazione tarantina di Rifondazione Comunista, lanciano una raccolta di firme che chiede la nazionalizzazione dell’azienda, il risanamento dello stabilimento di Taranto, la difesa dei livelli occupazionali, il controllo da parte dei lavoratori e della società civile sul processo di riqualificazione degli impianti e di bonifica del territorio e il potenziamento dei presidi sanitari locali. Il PRC ritiene che finalmente debbano essere le persone che giorno per giorno vivono un’insostenibile condizione di incertezza in merito al loro futuro ad esprimere un’opinione su quello che accadrà al più grande sito produttivo del paese. A questo scopo da domani inizierà una raccolta firme dentro il siderurgico jonico. L’obbiettivo è porre il governo di fronte alle sue responsabilità, sollecitandone l’intervento nell’unica direzione che porterebbe alla soluzione definitiva del “caso ILVA”, nonché la sola in grado di superare l’artificioso dilemma Ambiente/Lavoro.Di seguito il testo della petizione.Noi sottoscritti lavoratrici e lavoratori, chiediamo al governo di provvedere rapidamente alla nazionalizzazione dell’ILVA, al fine di realizzare senza ulteriori indugi i seguenti obiettivi prioritari: •Garantire e gestire la complessa opera di bonifica e la riconversione ambientale delle produzioni, mantenendo la produzione di acciaio in Italia e nei siti produttivi esistenti. •Utilizzare per queste opere gli enormi profitti realizzati dalla famiglia Riva, sottratti negli anni agli investimenti per abbattere l’impatto ambientale. •Garantire l’occupazione e il salario di tutti gli addetti – diretti ed indiretti -che oggi lavorano negli stabilimenti ILVA, senza che i lavori di bonifica e  riconversione produttiva pesino sulle lavoratrici e i lavoratori. •Sottoporre la gestione pubblica delle bonifiche, delle riconversioni e della produzione al controllo delle lavoratrici e dei lavoratori, dei Comitati e delle associazioni ambientaliste, per garantire la massima trasparenza della gestione pubblica e il pieno coinvolgimento di tutti i soggetti interessati. •Istituire all’interno dello stabilimento siderurgico un presidio sanitario gestito da Asl e Arpa, che faccia controlli più approfonditi ai lavoratori, che funzioni da vero cardine per la prevenzione e tutela della salute.Paolo Ferrero 31/05/2013 www.rifondazione.it