RACCONTI & OPINIONI

Il viaggio di Marco Cavallo nel mondo di fuori con stopOPG, per incontrare gli internati


Dal 12 al 24 novembre riprende il viaggio con Tappe a: 12 TRIESTE - 14 TORINO - 14/15 GENOVA QUARTO - 15/16 LIVORNO - 17/18 PALERMO - 18 BARCELLONA POZZO di GOTTO- 19 SALERNO - 19 AVERSA - 20 NAPOLI -20/21 ROMA - 21 L'AQUILA - 22 MONTELUPO FIORENTINO - 22 FIRENZE - 23 REGGIO EMILIA - 23 CASTIGLIONE delle STIVIERE - 24 MILANO LIMBIATEPer chiudere gli Ospedali Psichiatrici GiudiziariPer dire no ai miniOPG/manicomi regionaliPer aprire i Centri di Salute Mentale h24Gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari italiani sono ancora in funzione, con oltre mille persone internate, rinchiuse in luoghi che il Presidente Napolitano ha definito “indegni per un Paese appena civile”. Per portare all'attenzione dei cittadini e dell'Istituzioni italiane questa situazione il comitato stopOPG, con il coinvolgimento delle associazioni che lo compongono e delle associazioni regionali delle città tappa, ha chiesto a Marco Cavallo di riprendere il suo viaggio. Il cavallo azzurro, che nel 1973 a Trieste ruppe i muri del manicomio di San Giovanni dando il via all'inarrestabile processo di cambiamento e alla Legge 180, toccherà le città sedi di OPG e alcune di quelle che potrebbero diventare sedi dei cosiddetti “mini OPG”.Le ragioni del viaggio di Marco Cavallo nel mondo di fuori per incontrare gli internati negli OPG. di Peppe Dell’AcquaLa condizione di disinformazione, di sospensione, di estrema incertezza cui sono costretti gli internati congiura a rendere ancora più difficile e penoso l’abitare. Non sapere quando la pena avrà termine rende ogni cosa provvisoria. L’organizzazione dello spazio, in molte celle, denuncia questo stato di provvisorietà. Solo alcuni internati cercano di costruire qualcosa di personale intorno al letto e al comodino, nel tentativo di circoscrivere, con un confine fittizio, uno spazio privato dove potersi ritirare al riparo dagli sguardi e dall’invasione della presenza altrui. Foto di familiari appiccicate alle pareti, pagine di riviste con cantanti, calciatori o belle ragazze nude. Anche la cura del letto, un asciugamano, un copriletto colorato, denuncia quest’attenzione. Per i più, la provvisorietà si coglie in tutta la sua pervasiva intensità: i sacchi neri della spazzatura con i vestiti, le valigie non disfatte, nulla di personale. Come se pensassero che tanto, domani, si va via. Molte celle restituiscono l’immagine di una sala d’aspetto di una stazione. Per molti il « vado via domani » dura da anni e anni. « è interessante notare che il reo non viene inviato in carcere perché non può comprendere ciò che significa pena e rieducazione. Viene allora inviato in manicomio giudiziario, dove sotto forma di cura espia in realtà una pena che capisce ancora meno » (F. Basaglia , La libertà comunitaria come alternativa alla regressione istituzionale, in ScrittiI1953-1968, Einaudi, Torino 1981, p. 399).  18 ottobre 2013www.sossanita.it