RACCONTI & OPINIONI

Con la flessibilità non è più permesso curarsi, il 63% dei malati cronici rischia il posto. Dati sconvolgenti da un'inchiesta


ADDIO ALLE CURECosti elevati e il rischio di perdere il lavoro viste le difficolta' di non riuscire 'a conciliare l'orario di lavoro con le esigenze di cura'. Per questo 'curarsi non e' piu' permesso'. È quanto emerge dal XII Rapporto nazionale sulle politiche della cronicita', dal titolo 'Permesso di cura', presentato ieri a Roma dal Coordinamento nazionale delle Associazioni dei malati cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva.Avere una o piu' patologie croniche o rare, o accudire una persona malata, e' diventato oggi un 'lusso' che non ci si puo' piu' permettere, perche' i costi diretti ed indiretti della malattia risultano insostenibili per un numero crescente di pazienti e di famiglie. E l'estremo risultato e' non solo non curarsi nella maniera adeguata, ma addirittura 'nascondere' la propria patologia in alcuni contesti, fra cui quello lavorativo."Basta fare cassa sulla sanità"Sul piano sociosanitario, emerge una assistenza, soprattutto a livello di accesso ai farmaci, a macchia di leopardo, con regioni piu' avanti e altre che stentano a assicurare anche i LEA, mentre i tagli incidono maggiormente sull'assistenza domiciliare e sulla riabilitazione.'Ritardare o rinunciare alle cure necessarie, perdere il posto di lavoro, confrontarsi con la crisi dei redditi familiari e con le discriminazioni regionali nell'accesso alle prestazioni socio sanitarie e' cio' che vivono sulla propria pelle i cittadini grazie ad anni di politiche di disinvestimento del Welfare e di erosione dei diritti. Non possiamo accettare che per 'fare cassa' si continui a smantellare il Ssn o peggio ancora a svendere i diritti dei cittadini alla salute, al lavoro e all'inclusione sociale'. Ad affermarlo Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato e responsabile del CnAMC di Cittadinanzattiva.Il 63% dei malati cronici rischia il postoPer quanto riguarda le problematiche sul lavoro, l'84% delle associazioni dichiara che i pazienti non riescono a conciliare l'orario con le esigenze di cura ed assistenza, al punto che nel 63% dei casi hanno ricevuto segnalazioni di licenziamenti o mancato rinnovo del rapporto lavorativo per le persone con patologie croniche e invalidanti e nel 41% dei casi per i familiari che li assistono. Il 60% ha riscontrato difficolta' nella concessione dei permessi retribuiti, il 45% nella concessione del congedo retribuito di due anni; il 49% evita di prendere sul lavoro permessi per cura, il 43% nasconde la propria patologia e il 40% si accontenta di eseguire un lavoro non adatto alla propria condizione lavorativa.L'assistenza sociosanitaria costa e non si puo' rischiare di perdere il posto di lavoro: il 54% ritiene troppo pesante o oneroso il carico assistenziale non garantito dal Servizio sanitario nazionale. Si spendono in media 1585 euro all'anno per tutto cio' che serve alla cosiddetta prevenzione terziaria (diete particolari, attivita' fisica, dispositivi e tutto cio' che e' utile per evitare le complicanze), piu' di 1.000 euro per visite ed esami a domicilio, o ancora in media 3711 euro l'anno per adattare la propria abitazione alle esigenze di cura. Chi non puo' pagare, in una percentuale che arriva anche all'80% di chi e' in cura, rinuncia alla riabilitazione, al monitoraggio della patologia, ad acquistare i farmaci non dispensati, alla badante, all'acquisto di protesi e ausili non passati dal servizio sanitario nazionale.14/12/2013