RACCONTI & OPINIONI

I crimini politici dei fascisti coperti dal sistema, ieri come oggi. Eravamo in 100.000 a Milano per salutare Fausto e Iaio


Fausto e Iaio, che idea morire di marzo Qualche anno fa scrissi questo lungo articolo per L’Europeo. Da allora, non è cambiato ancora nulla, come proprio da quel giorno e per tutti gli altri giorni da lì a venire. Mi sembra giusto per la loro memoria riproporlo oggi, ennesimo anniversario di quel truce assassinio. Per loro, per quei due splendidi ragazzi che erano Fausto Tinelli e Lorenzo Iaio Iannucci; e per noi, che qualunque cosa accada, non dimenticheremo mai. Buona lettura.Uno dei misteri più grandi che mi è capitato di “vivere” in prima persona è stato quello dell’omicidio di Fausto e Iaio, trent’anni fa a Milano. Allora avevo da poco cominciato a fare il giornalista, e seguii il caso da vicino. Il mistero è ancora rimasto tale fino ad oggi, e chissà – io lo spero con tutte le mie forze! – se si risolverà mai. Qualche tempo fa ho scritto la storia di questi due ragazzi per L’Europeo. Ho pensato, per tener viva la memoria di quel terribile mistero e per far sentire alla mia amica Maria – sorella di Iaio – che la mia vicinanza non verrà mai meno, di ripubblicarlo qui perché tutti lo possano leggere. E magari indignarsi, e chiedersi perché mai due ragazzi debbano morire così. Che idea, eh?, morire di marzo…Oggi, non è cambiata molto da allora. Via Mancinelli, al quartiere Casoretto di Milano, è praticamente rimasta quella che era quella sera, la sera di sabato 18 marzo del 1978. Certo, tutta la città adesso è diversa, e parecchio. Rispetto al contesto di allora non ci sono più i venti gelidi che la spazzavano tristemente in quegli anni. Venti soprattutto di disagio e di contrapposizione fra giovani di schieramento politico opposto. Venti anche pesantemente contaminati dal terrorismo più feroce ben radicato in città, e che solo meno di due giorni prima – a Roma, ma anche con protagonisti assolutamente milanesi – aveva portato a termine l’impresa più criminosa ed efferata della storia del nostro Paese: il rapimento di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse.Rispetto a quella sera, in più, c’è la lapide che ricorda l’episodio: “Ai compagni Iaio Iannucci e Fausto Tinelli, qui uccisi dai fascisti”, con la data di quel giorno tragico. Poi, è rimasto uguale il muro grigio che la cinge da una parte e dell’altra; uguale il colpo d’occhio che da lì portava al Centro Sociale Leoncavallo (quello non c’è più, trasferito dopo tanti altri conflitti in una zona, se possibile, ancor più periferica); stessa la postazione dell’edicola all’angolo dove i due giovani si fermarono a guardare e commentare i titoli dei giornali che parlavano di Moro prima di imboccare la strada che li avrebbe portati incontro al loro incredibile destino; è rimasto al suo posto anche il campetto dell’oratorio in terra battuta sul retro della abbazia dedicata a Santa Maria della Misericordia (bellissimo anche il chiostro, il tutto risalente al XV secolo) di piazza San Materno, che nemmeno quattro giorni dopo li avrebbe accolti per l’ultimo saluto.CONTINUA SU http://www.tizianomarelli.com/2014/..19/3/2014