RACCONTI & OPINIONI

La verità sulla stagione delle stragi che ha battezzato la cosiddetta «seconda repubblica» deve ancora arrivare


Reggere la verità  «La magistratura sarà capace di reggere le verità che stanno emergendo sulle stragi e anche lo Stato sarà in grado di sostenerle. Non so, invece, se altrettanto saprà fare la politica». Prima di incontrare la commissione nazionale antimafia in trasferta a Palermo, il procuratore aggiunto di Caltanissetta Domenico Gozzo ha annunciato quello che era nell’aria da mesi e che spiega tante cose: la corsa al distinguo dell’ex fedelissimo Gianfranco Fini, la nevrotica ricerca di un salvacondotto di Berluskane, l’arrendevolezza del premier verso le pretese della Lega. Adesso lo sappiamo da fonte diretta: la verità sulla stagione delle stragi che ha battezzato la cosiddetta «seconda repubblica» deve ancora arrivare. Il bagno di retorica il sacrificio di Falcone e Borsellino «servitori dello Stato» ha coperto verità indicibili, equilibri di potere e nuovi assetti istituzionali. «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi», si diceva nel Gattopardo. All’indomani del crollo del muro di Berlino – dopo la fine della missione storica della Democrazia cristiana e del fallimento dei tatticismi del Psi di Craxi – è successo qualcosa di inenarrabile in questo paese. Senza il baubau del socialismo reale a giustificare gli affari delle cosche in tutto il paese, l’invasione dei capitali criminali nel salotto buono del capitalismo italiano [da cui il suicidio per vergogna di Raoul Gardini, nel Iuglio di 23 anni fa], i nuovi accordi politici avrebbero dovuto garantire il potere della borghesia imprenditrice e il regolare traffico degli affari della prima azienda del paese. L’«eroe» Mangano che si trasferisce a Milano è la facile metafora del deperimento della «capitale morale» del paese. E dell’abbraccio reciproco tra Nord e Sud. Quella che i fustigatori scandalizzati chiamano «anomalia italiana» è uno dei nessi dell’economia planetaria: la pervasività dell’economia globale, che ridisegna territori, crea confini e apre varchi al mercato. In questo contesto ci sono zone che fanno da interfaccia tra il legale e l’illegale, territori di scontro e confronto tra «legale» e «illegale» come l’Italia, la Thailandia e la Colombia. O come il Messico negli ultimi anni. Non sono buchi neri da riconquistare ma zone franche funzionali al mercato, come i paradisi fiscali e le fabbriche senza diritti del Sud del mondo. La lotta per il diritto dei migranti a muoversi e quella contro lo strapotere del mercato hanno molto a che fare con queste vicende. Chiunque può comprendere che questa situazione non può essere affrontata dalla pur neccessaria attività dei giudici. Probabilmente lo sanno anche i pm di Caltanissetta, che il gioco è molto più grande. Ecco perché lanciano segnali ai mass-media e alla politica e cercano appigli nella società. Si tratta di affrontare di petto la realtà strutturale di un paese nel suo complesso, di non farsi ingabbiare nel format dei misteri e nella visione arida del particolare. Bisogna scorrere tutte le immagini, le diapositive del panorama contemporaneo di un paese che non ha mai vissuto una rivoluzione e che ha sempre affrontato le grandi riforme tra mille trappole e compromessi. Le notizie di questi giorni circa la contaminazione della ‘ndrangheta al nord – proprio nell’isola felice i cui sacri confini avrebbero dovuto essere sorvegliati dai guerrieri padani di Bossi e dai soldati di Cristo di Formigoni – raccontano di un paese immerso nella palude della criminalità imprenditrice che va a nozze con Grandi opere, privatizzazioni e deregulation [ce ne occupiamo sul numero del settimanale in edicola da domani]. Dall’altra parte, il rapporto dello Svimez diffuso ieri descrive un Meridione in pasto alla crisi e alla povertà: sono numeri e tabelle freddi e impietosi, che ci ricorda del piano striato in cui si muovono le borghesie mafiose, i nuovi schiavi di Rosarno e i vecchi precari del Sud. Le grandi concessionarie di automobili nelle pianure aride della Calabria, della Sicilia e della Puglia e i centri storici delle citta meridionali abbandonate al popolo dell’abisso postmoderno. I capannoni del Veneto inutilizzati dopo la fiammante stagione del «modello Nordest» e la sanità lombarda della sussidiarietà sotto indagine per infiltrazioni criminali.Giuliano Santoro [21 Luglio 2010] www.carta.org