RACCONTI & OPINIONI

Denuncia dell'oscurantismo e dell'ipocrisia perbenista che regna in Italia, contro le donne e il loro ruolo di madri lavoratrici


Chiara è una farmacista di Bassano del Grappa. Ha deciso di diventare consulente professionale per l’allattamento, una qualifica internazionale. Ma all’esame la fermano: «Suo figlio non può entrare in aula». Vuoi allattare al seno? Allora esci dall'aulaChiara Pozzi Perteghella fa la farmacista a Bassano del Grappa e ha tre figli piccoli. Ha scelto di allattarli al seno, ma proprio lei che credeva  fosse un gesto naturale, si è resa subito conto che se non avesse avuto il sostegno di una consulente de La Leche League, sarebbe passata presto all’allattamento artificiale. Dalla sua esperienza con il primo figlio ha capito quanto fossero importanti sostegno e informazione e così ha deciso di studiare e di trasformare la sua farmacia in uno spazio adeguato per le neomamme e i bebè.  E se all’inizio i suoi collaboratori la guardavano con perplessità ed erano preoccupati  per un crollo del fatturato, visto che ha deciso di bandire dalle vetrine latte artificiale e biberon, presto si sono dovuti ricredere. Oggi infatti in molte si muovono dai paesi vicini per andare nella Farmacia Amica dell’Allattamento Materno.Chiara crede che l’allattamento debba tornare ad essere la norma. Del resto meno di un paio di generazioni fa nessuno l’avrebbe mai messo in discussione. Le nostre nonne non avrebbero mai chiesto il permesso per allattare e avevano capito l’importanza del latte materno, ben prima che l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo stabilisse. Per essere preparata al meglio decide persino di diventare consulente professionale per l’allattamento materno, una qualifica internazionale promossa da  Iblce, l’International Board of Lactation Consultant Examiners. L’esame è rigoroso, in tutto il mondo si fa lo stesso giorno, l’ultimo lunedì di luglio. Mille ore di consulenza  e 80 di formazione sono i requisiti per accedere all’esame (più 535 euro per la tassa di iscrizione). Tutto sembra pronto.Nel frattempo partorisce il suo terzogenito, Pieralberto. A luglio avrà tre mesi e Chiara lo allatta a richiesta. Nessun problema, pensa la dottoressa. Basta avvertire che durante l’esame porterò Pieralberto e lo allatterò, del resto è quello che l’associazione promuove. E invece a maggio la responsabile nazionale Iblce la informa che in aula entrano solo candidati e esaminatori. Il bambino deve stare fuori. Lei se vuole può uscire per allattarlo, ci mancherebbe, ma il tempo che perde non verrà recuperato e se proprio non vuol perdere tempo, può tirarsi il latte e farlo somministrare al bambino da una persona che bada a lui fuori dall’aula. Il perché? Ma è chiaro. Il bambino può recare disturbo agli altri candidati. Chiara è incredula davanti a quella risposta. Ma come dovrebbe essere capace di educare all’allattamento se poi non la fanno allattare? Non demorde, sarà un errore. Chiede spiegazioni alla dottoressa Armeni, presidente dell’Aicpam, l’Associazione Italiana Consulenti professionali in Allattamento Materno. Insomma loro hanno appena promosso un convegno che parla di allattamento e strumenti pratici di sostegno. Loro di certo troveranno una soluzione. Ma la risposta fornita, invece, è glaciale. Così prevede il regolamento: i figli non possono essere portati in aula. Non se ne parla, nemmeno in un’aula separata. Non si può.Le risposte date a Chiara sono evasive, ma la presidente Armeni per sbaglio invia una mail al Cda Aicpam mettendo in copia anche Chiara. Ora sì che tutto è più chiaro: «Ritengo che sia cosa da non fare. Il sistema è stato organizzato e non capisco perché dovremmo addossarci i costi per un’altra aula e supervisori dedicati alla candidata. è una richiesta arrogante»,  sostiene la Armeni, e incalza: «A me poi le farmacie amiche dell’allattamento mi paiono un controsenso». Ad ogni modo la presidente democraticamente mette la richiesta ai voti. Se si raggiunge la maggioranza e qualche buon uomo traduce la richiesta, beh, allora forse si può anche inviare al board di Iblce. Così magari si farà qualcosa per l’anno venturo.  Intanto nel 2002 una candidata nutrice ha tenuto il bimbo con sé per tutto il tempo dell’esame e  l’anno scorso una esaminatrice ha portato in aula il cagnolino perché fuori faceva troppo caldo. Nessuno si è lamentato. Un bambino che viene nutrito evidentemente disturba di più.  Certo, pare assurdo che occorra spiegare i bisogni di un bimbo di tre mesi alla commissione Iblce. Pare assurdo, dice Chiara, che lei debba tenere il bimbo lontano mentre risponde a domande come la gestazione esterna che comprende tutti questi comportamenti: la madre porta il piccolo in una fascia parecchie ore al giorno, lo allatta al seno di frequente e lo porta con sé al lavoro. Certo, al lavoro. Mica all’esame per l’allattamento. Chiara ha deciso di non sostenere l’esame, non tollera discriminazioni e incoerenze e di certo non le va  che a giudicarla esperta in allattamento sia chi non conosce affatto la materia. Una sua compagna di studi ha invece deciso di andare. Ha un bambino di venti giorni che lunedì scorso è stato severamente tenuto fuori dall’aula. E pensare che credevamo fosse un diritto per una madre che allatta  accedere a tutte le normali attività quotidiane. Un diritto. Al di là di corsi e associazioni.   Floriana Bulfon 17/08/2010www.terranews.it