RACCONTI & OPINIONI

Addio al grande caratterista sardo. Vita da minatore in Belgio, cameriere a Roma, ferma coscienza di classe, comunista


Tiberio Murgia, il vero picconatoreÈ morto l'altro ieri, a 81 anni, Tiberio Murgia, popolare e amato caratterista del cinema italiano, l'unico attore non professionista apparso in ben ben 155 film. Sempre comunista fin da 16 anni, anche se di famiglia monarchica e fascistona, formato poi alle Frattocchie («ma mai ateo!»), sardo di Oristano, dove era nato il 5 febbraio 1929, resta per tutti il leggendario Ferribotte (variazione romanesca di «ferry boat», il traghetto delle migrazioni...), il siciliano dai baffi sottili, il corpo nervoso, il viso smunto dai tratti marcati, i capelli nerissimi e imbrillantinati. Era il focoso e geloso acchiappafemmine di I soliti ignoti, il personaggio che (scoperto casualmente da Monicelli in una trattoria di via della Croce dove era cameriere) fu trasformato da Murgia in una delle più terragne e imitate maschere della commedia all'italiana, a forza di battute che irridevano ai beceri proverbi della tradizione come il famoso: «Donna piccante pigghiala per amante, donna cuciniera pigghiala per mogliera». Da molti anni dimenticato, Murgia era improvvisamente tornato alla ribalta, sia per l'uscita della sua straordinaria autobiografia, Il solito ignoto (edizione Insieme, Pescara, 2004), curato dal giornalista e filmaker Sergio Sciarra, sia per aver portato in tribunale il neofascista Storace & Co., che ne avevano sfacciatamente sfruttato l'immagine per una campagna anti-Veltroni. Nel libro Murgia racconta i suoi durissimi mesi da minatore in Belgio. Un'avventura galante proibita lo aveva degradato da segretario di sezione Pci e dalla sua isola, ma un'altra gli salvò la vita, perché la notte dell'esplosione in miniera era beatamente altrove. E poi i retroscena del capolavoro di Monicelli, i 50 anni di commedia all'italiana, vissuta dal pugnace emigrante sardo (da ben 7 generazioni, anche se nei dizionari del cinema basco ne fanno addirittura una loro bandiera) soffermandosi con una ricca aneddotica sui suoi celebri compagni di lavoro e di avventure. La gentilezza di Gassman e la spocchia di Renato Salvatori, Sordi, Mastroianni, Totò, Monica Vitti, Peter Sellers. La lettura e discussione dei giornali con «un vero signore», Ernesto Calindri. Le feste proibite della «dolce vita». Le scazzottate sul set, le liti furibonde di Maurizio Arena e Franco Fabrizi. L'antipatia di Nazzari, mito infranto. Le scorribande amorose di Capannelle, Leopoldo Trieste e Victor Mature. Il potente clan di Francio e Ciccio, non sempre amichevoli con quel «siciliano» intruso, gli straordinari duetti con Mina e Celentano. Avvincente e rocambolesca la sua vita, fatta di fame, lavoro duro, emigrazione, coltellate promesse e sferrate, amori, umiliazioni, coscienza di classe, lotta contro la disoccupazione e il fascismo mai scomparso. E calli da picconatore vero: «Ma che hai le spine nelle mani? mi disse Gassman quando si presentò. "No, sono i calli". Erano alti 3, 4 centimetri, calli da cantiere». Poi il successo, il miracolo, dopo un lungo provino a Cinecittà e ben 9 siciliani veri sconfitti, nonostante le perplessità del produttore Cristaldi. Un caratteraccio dal cuore d'oro che sedusse De Sica e Nanni Loy, con più di una cinquantina di film (anche musicarelli, film balneari, parodie) solo negli anni '60, meno nei 70, regno delle commedie sexy (La soldatessa alla visita militare , La liceale, il diavolo, l'acquasanta) e un lento riflusso nel decennio successivo, indocile a facce e caratteri regionali. L'audace colpo dei soliti ignoti, La grande guerra (1959) e La ragazza con la pistola (1968), Costa Azzurra (1959), Le svedesi (1960) e Caccia alla volpe (1966) rimangono gli altri successi. Beppe Cino lo volle però in un cameo d'autore, per La diceria dell'untore, tratto dal romanzo di Gesualdo Bufalino. E Raiuno per Tutti pazzi per amore 2 (2010).«Per una vita Tiberio mi ha ringraziato affettuosamente di avergli fatto cambiare vita - ricorda Monicelli - aveva una faccia altezzosa, sempre sospettosa su un corpo esile e nervoso, lo scelsi subito. Ha interpretato tanti film ma in fondo sempre lo stesso ruolo per il quale lo avevo scelto nei Soliti Ignoti. Un cosa curiosa, ma lui ne era contentissimo perché conobbe il successo. Siamo sempre rimasti in contatto, era carino, con me, generoso». «Quando l'ho saputo mi sono venute le lacrime agli occhi. La morte di Tiberio Murgia è stata una notizia terribile - ha detto all'Ansa l'attrice Claudia Cardinale, che ha iniziato con lui la sua carriera d'attrice interpretando la sorella del celebre, gelosissimo Ferribotte. «Quando l'ho conosciuto era il mio primo film, I soliti ignoti, non ero neanche di vent'anni - racconta la Cardinale - Lui aveva un viso incredibile con quelle sopracciglia sempre aggrottate, quegli occhi, era piccolo di statura. Sono vicina alla sua famiglia e lo porto nel cuore», ha concluso la Cardinale che non potrà partecipare ai funerali perché in partenza per New York sul set di un nuovo film con una giovane regista, Nadia Szold.Roberto Silvestri22/08/2010leggi www.ilmanifesto.it