RACCONTI & OPINIONI

Non solo il movimento operaio, della scuola, dei precari: l’autunno “caldo” della Rete per la giustizia ambientale e sociale


Il movimento si rimette in Rigas Nata alla fine di luglio all’Aquila la Rete italiana per la giustizia ambientale e sociale (acronimo: Rigas) si è riunita sabato 12 settembre a Vicenza alla festa dei No Dal Molin per tracciare una road map di avvicinamento alle prossime mobilitazioni. Un calendario ricco d’iniziative che fotografa una «geografia della speranza» come l’ha definita Giuseppe DeMarzo dell’associazione A Sud, più ricca e diffusa di quello che si pensi. Due i perni centrali della mobilitazione: la manifestazione nazionale promossa dalla Fiom contro la “ricetta” Marchionne e la contestazione internazionale al vertice delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di Cancun (prima settimana di dicembre). Dietro ogni No (Tav, Expo, Ponte sullo stretto, Turbogas, nucleare, inceneritori, Ogm, basi militari, tutti presenti all’assemblea con uno più rappresentanti) c’è un progetto altro di società che punta più che a cambiare il clima a cambiare il sistema che ogni anno produce olocausti umani e ambientali di dimensioni inenarrabili. C’è lo spirito di Genova che si riaffaccia nella tessitura di questa rete e non solo per l’imminente decennale della contestazione al G8. «Niente adunate di reduci» si precisa negli interventi, ma semmai riscoprire quel metodo che è stato capace di unire nella diversità forze della società civile, comitati locali e grandi e strutturate organizzazioni nazionali ed internazionali. Il popolo dell’altro mondo possibile e necessario aveva ragione ad indicare nel modello neoliberista del capitalismo contemporaneo un attentato alle possibilità stesse di sopravvivenza del pianeta. Ora quella che era una intuizione si disvela una verità amara portata dalla crisi, che mostra il suo volto di barbarie, sia nel ricco occidente che nella più povere delle periferie del mondo. Il Paese che vuole Marchionne cancella i diritti, fa girare al contrario la ruota della storia della condizione operaia riportandola ai tempi delle ferriere. La Fiom ha scelto di stare dentro Rigas perché oggi è necessario mobilitarsi non tanto per essere solidali con i lavoratori della Fiat ma perché solo la scesa in campo di un forte movimento può impedire che quel modello sostituisca la Costituzione italiana riducendo a volgare merce non solo il lavoro - privato della dignità - ma anche le persone e l’ambiente. Non si esce dalla crisi – ha detto Vittorio Bardi proprio a nome della Fiom – producendo semplicemente più auto. L’uscita da un sistema al collasso richiede una coniugazione intima tra produzione, ricerca e ambiente. Ma attenti, si è detto in diversi interventi, ad affidare il futuro solo alla green economy. Occorre un cambio di paradigma, di sistema appunto, altrimenti le rinnovabili rischiano di lasciare inalterate ingiustizie, modelli antidemocratici e antisociali. L’arcipelago di Rigas – composto tra gli altri anche dai centri sociali, Action, Brigate di Solidarietà Attiva, la funzione pubblica della Cgil, Rete a sinistra, Fiom, la stessa Rifondazione comunista ma più che altro da decine di comitati e associazioni di comunità locali in “resistenza” – sta preparando una folta delegazione che, in stretto legame con Via Campesina internazionale, si recherà a Cancun (Messico) per far capire ai potenti della terra che questa volta non sarà accettato un fallimento come a Copenaghen. Una contestazione che si farà forza anche allo sfregio al mondo che è la marea nera del Golfo del Messico, fotografia drammatica di un sistema di sfruttamento basato sul profitto che, se non fermato in tempo, rischia di portare l’umanità intera al capolinea. Alfio Nicotra14/09/2010