RACCONTI & OPINIONI

La Calabria, una regione in mano alla criminalità. Alla vigilia di una grande manifestazione


Gli affari della 'ndrangheta  La breve estate calabrese è stata caratterizzata da una pervicace e nefasta azione della ‘ndrangheta finalizzata al dominio sul territorio, all’intimidazione ed alla minaccia di coloro che per funzioni e/o per volontà democratica si adoperano per contrastarla o agiscono, nella legalità, nell’esercizio della propria attività quotidiana. Omicidi efferati e spettacolari, minacce a sindaci e ad amministratori locali, intimidazioni a sindacalisti, operatori economici, magistrati, fino al più clamoroso ed eclatante: la bomba al portone di casa del Procuratore generale di Reggio Calabria, Dr. Salvatore di Landro. Un attentato, quest’ultimo, teso a destrutturare il lavoro positivo che la magistratura reggina sta compiendo, pur tra mille difficoltà, pochezza di mezzi, e contraddizioni: il solo ufficio del GIP del Tribunale di Reggio Calabria ha emesso sino al 31 luglio oltre 800 provvedimenti di cattura, la Sezione misure di prevenzione è seconda in Italia per sequestri e confische di patrimoni mafiosi. Dietro o sopra questa strategia non c’è una ‘ndrangheta colpita e decapitata come ha sostenuto e sostiene, con iattanza propagandistica, il Governo, nel tentativo di intestarsi i risultati visibili. C’è invece l’ostentazione di potenza, di sfida, di una organizzazione criminale che ha pervaso e tenta di piegare ai propri interessi ogni ganglio della vita economica, sociale, politica ed istituzionale della regione. Dove, senza giri di parole, la ‘ndrangheta prova a farsi “Istituzione”, dettando le regole, in combutta con quelle «altre entità» senza le quali, come sostiene il Dr. A. Cisterna: ”da sola non sarebbe capace di elaborare un progetto politico di dominio”. Continuare come fa il Governo nazionale, supportato da tanti suoi referenti locali ad enfatizzare singoli risultati, come gli arresti di importanti boss, allentando nel contempo le azioni di contrasto strutturale, su tutti i campi, a partire da una adeguata legislazione e un clima di serenità a supporto della magistratura, rende più difficile e più lunga la lotta da condurre (45 mila euro è il ridicolo impegno che il Ministro Alfano ha assunto verso la Procura di Reggio Calabria dopo l’attentato e le accorate richieste dei magistrati reggini. Cosi come persiste un imbarazzante silenzio sulla accusa, di concorso esterno in associazione mafiosa, che sta interessando la Sindaca del Pdl della città di Corigliano Calabro: il più importante centro della provincia di Cosenza). Eppure è su questo terreno che si deve insistere. Contrasto militare e contrasto sociale. La Calabria da questo punto di vista sta diventando una cartina di tornasole dell’intero Paese. E’ ormai evidente, come hanno dimostrato importanti inchieste della Magistratura, che le ‘ndrine calabresi, dopo avere conquistato prepotentemente il dominio nel Nord nei tradizionali settori criminali, svolgono un ruolo preminente, anche in quelle aree, nei grandi affari “ordinari” – vedi Expò, mercati ortofrutticoli, edilizia ed infrastrutture, “industria delle vacanze”, distribuzione, ecc.. – grazie all’immensa disponibilità finanziaria detenuta. Proprio in Calabria si sono manifestati prima ed in maniera clamorosa i fenomeni diventati nazionali di un modello economico, purtroppo assolutamente bipartisan, che ha alimentato e consolidato la cosiddetta “borghesia mafiosa”. Un modello ancora non scalfito, basato sulla devastazione del territorio, sullo sfruttamento e la strumentalizzazione del lavoro e delle persone, con particolare accanimento verso gli immigrati; sull’asservimento speculativo di ogni investimento pubblico, sulla privatizzazione dei beni comuni e dei servizi pubblici. Un modello economico che lungi dal portare benefici collettivi ha disseminato la regione di questioni drammatiche ed irrisolte: “navi dei veleni”, inquinamento del mare, dei fiumi, delle aree urbane, dei boschi, opere pubbliche ed infrastrutture dai cantieri sempre aperti; opere inutili e dannose come il ”ponte sullo Stretto”; speculazioni perfino sulle energie rinnovabili come quelle “dei parchi eolici”, delle centrali a biomasse; modelli distributivi dai contenuti e dalle dimensioni equivoche come i megacentri commerciali; strutture ed intere aree industriali vuote e senza prospettiva; per non dire della finalizzazione della spesa sanitaria, non alla salute dei cittadini, ma all’arricchimento illegale. Un modello che ha arricchito ed arricchisce grandi imprese nazionali (si vedano chi sono i vincitori degli appalti delle grandi opere ricadenti in Calabria: A3, 106 Jonica, ecc. ), che intercettano e drenano risorse ed applicano il dettato dell’inquisito ex ministro Lunardi: con le mafie si convive, spesso attraverso i cosiddetti “noli a freddo”, o i sub appalti strutturali, mentre sono di impaccio le organizzazioni sindacali, le Amministrazioni Locali che vigilano sui vincoli di tutela e tutti quelli che intralciano “ l’efficienza” dell’impresa. Per sconfiggere la ‘ndrangheta insieme al contrasto ed alla repressione serve un altro paradigma economico, in Calabria e nell’intero Paese, che si alimenti prima di tutto di un chiaro e determinato orizzonte politico. Un paradigma che, per intanto e nell’immediato, come dice don Luigi Ciotti : «…rafforzi e dia continuità alle iniziative sui beni confiscati, che intacchi i patrimoni delle ‘ndrine, per costruire speranza e lavoro nella libertà…». Che, aggiungo io, non svuoti di contenuto l’art. 41 della Costituzione e semmai rilanci “la responsabilità sociale dell’impresa”; che non consideri la legge sulla sicurezza sui luoghi di lavoro (la L..626 / 94) un lusso che non possiamo permetterci; che non abolisca e semmai rafforzi il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro; che non consenta gli appalti al massimo ribasso a scapito dei salari e delle tutele; che rafforzi il ruolo dei corpi intermedi e lo Statuto dei lavoratori; che valorizzi l’accoglienza e garantisca diritti di cittadinanza universali contrastando il caporalato ed il mercato delle braccia; che investa nella istruzione e nella formazione rilanciando e non tagliando la scuola pubblica; che valorizzi il bene comune e pubblico, ridando centralità ai servizi pubblici a partire dalla gestione dell’ acqua. Questi temi, insieme ovviamente ad altri, declinati in maniera unitaria o nel portato di ogni singola organizzazione, sono alla base di una straordinaria manifestazione, per mostrare la piena solidarietà al Dr. Di Landro ed a tutti gli operatori della magistratura e delle forze dell’ordine, per dire “ NO alla ‘ndrangheta”, che un grandissimo e crescente cartello di forze, un nuovo movimento dei movimenti, come qualcuno l’ha definito, ha programmato per il prossimo Sabato 25 settembre a Reggio Calabria. Dare voce unitaria a tutti coloro che si battono quotidianamente, ed a quanti lavorano, perché credono che la ‘ndrangheta, ed il sistema di collusione ed interesse illegale che le ruota attorno, può essere sconfitta, grazie all’ impegno ed alla iniziativa coraggiosa, costante, coerente . Una iniziativa che dovrà avere un inevitabile sbocco politico nella definizione da parte del governo di impegni concreti, senza i quali, bisognerà non fermarsi e dare continuità nazionale alla mobilitazione. Sarà un momento importante per la Calabria, per il Mezzogiorno, per l’intero Paese. Una giornata di lotta, che vorrei venisse dedicata anche al Sindaco Angelo Vassallo, trucidato vigliaccamente perché agiva per preservare il suo Comune ed il suo territorio, il Cilento, dalle mire speculative della camorra e della borghesia mafiosa.Massimo Covello Segreteria Cgil Calabria [17 Settembre 2010] leggi www.carta.org