RACCONTI & OPINIONI

Lucio Babolin presidente del Coordinamento nazionale comunità d'accoglienza, a sostegno del quotidiano Liberazione


"Noi e voi siamo sulla stessa barca"Il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca) è una Federazione a cui aderiscono circa 260 organizzazioni. E' presente in tutti i settori del disagio e dell'emarginazione, con lo scopo di promuovere diritti di cittadinanza e benessere sociale. Nasce nel 1982, quando diverse persone impegnate sul fronte delle tossicodipendenze, del disagio giovanile, dei senza dimora, della disabilità sentirono il bisogno di unirsi per formare un movimento culturale che, a partire dai temi della povertà e dell'esclusione, fosse in grado di contribuire a un più giusto modello di sviluppo e di proporre proposte politiche e stili di vita capaci di rispondere ai differenti problemi sociali con cui il Paese doveva confrontarsi. Non è un'organizzazione fondata su un'identità politica o religiosa; in essa, piuttosto, si sviluppa un dialogo continuo tra ispirazioni diverse secondo un approccio laico e pluralista. Ogni anno il Cnca si fa carico di oltre 35.000 persone e sono più di 135.000 quelle con cui entra in contatto. «Per organizzazioni sociali come la nostra, incrociare esperienze giornalistiche come quella di Liberazione ha una importanza strategica - afferma Lucio Babolin, presidente del Cnca - In questi anni c'è stata una caduta di tensione attorno alle problematiche sociali che segnalano un fatto culturale prima che politico. Sembra che il cittadino medio abbia perso sensibilità attorno a questi temi. Sono convinto che il modello culturale individualista, competitivo, abbia definito un sistema di valori negativo. In questo senso l'informazione ha giocato un ruolo importante. In Italia gli editori sono portatori di interessi economici e politici che comunicano questi valori. L'interlocuzione con testate come la vostra, il dialogo continuo su temi che faticano a "bucare" sono una risposta preziosa e si tratta di temi a cui voi avete sempre dato spazio e che avete cercato di intercettare». Secondo Babolin sono tempi duri in cui bisogna resistere, bisogna spiegare che questo sistema di disvalori favorisce la dismissione dello stato sociale, un welfare che non riguarda solo le varie condizioni di marginalità ma la società nel suo insieme e nella sua capacità di restare coesa. Il presidente del Cnca considera come elementi critici tanto la condizione dell'editoria e più in generale del sistema informativo in Italia quanto le difficoltà che incontrano gli stessi giornalisti: «A volte è l'editore che limita la libertà di lavoro in nome dei propri interessi, spesso manca proprio la volontà di fare inchiesta, di approfondire i temi che si trattano. A volte i giornalisti che provano a svolgere un lavoro di informazione che lede qualche potere forte, soprattutto in territori dove domina la criminalità organizzata, non possono svolgere il proprio lavoro senza subire minacce. Per questo serve un impegno. Serve insistere cercando di trovare anche il modo per far conoscere un mondo fatto di esigenze e bisogni che devono essere soddisfatti. Tra l'altro a volte, quando si riesce a intercettare le istanze delle persone, capita che si ottenga più attenzione di quella che ci si aspetta. Poi c'è un limite che accomuna tanto noi del terzo settore quanto chi prova a fare informazione correttamente. Spesso ne parliamo fra noi, abbiamo difficoltà a comunicare, utilizziamo linguaggi da addetti ai lavori, siamo autocentrati e poco attenti al linguaggio comune. Ci diciamo spesso che la vera fatica di un operatore sociale è nel non perdere di vista il contesto in cui agisce e quindi saper far crescere nel territorio in cui interviene la cultura della solidarietà e dei diritti. Si tratta di una mission altrettanto importante rispetto al lavoro quotidiano, io credo che questo problema poi coinvolga e ricada anche su chi come voi tenta di fare una informazione più attenta». Ma al di là di una riflessione necessaria di lungo periodo, premono le incombenze, le emergenze legate ai tagli che con la legge finanziaria si prospettano per l'editoria e qui il ragionamento di Babolin si fa ancora più netto: «Tremonti vuole come al solito imporre un taglio lineare, nel welfare come nell'informazione, non importa se a rimetterci sono i servizi più importanti e utili e in questo senso viviamo condizioni simili. A questo si aggiunga il fatto che le attuali norme sull'editoria permettono a clientele, lobby, a volte in rappresentanza di singoli parlamentari, altre volte in ambiti ancora più sul filo dell'illegalità, di intascare denaro pubblico. Io credo che, data la concentrazione di potere mediatico italiano, a rischiare in questo periodo non saranno tali lobby ma le testate come le vostre, che afferiscono ad una cultura critica, e il mondo dell'editoria sociale, spesso fondamentale nei territori per allargare relazioni solidali e consapevolezza nei diritti. E poi in fondo sta accadendo nell'informazione quello che avviene nella politica, si riduce la pluralità, restano due o tre poli politico-editoriali a dettare legge e il resto sparisce. Liberazione rappresenta, non da sola, un'area di pensiero che non si riconosce negli interessi forti, ma un elemento di articolazione democratica scomoda e che si vorrebbe sopprimere. In fondo chi si occupa di diritti sociali pensando che vadano garantiti a tutti e chi si occupa di informazione come voi, si ritrova sulla stessa barca».Stefano Galieni27/10/2010