RACCONTI & OPINIONI

In pieno svolgimento il programma della P2, scuola di classe per ricchi e pochi altri, al popolo la televisione


'Diritto allo studio, ennesimo colpo di mannaia '  E’ un conflitto senza tregua quello che si sta verificando tra studenti, precari, docenti e genitori, cioè i veri protagonisti della scuola, dell’università e della ricerca, e il governo. E mentre sono in campo innumerevoli iniziative per contrastare i tagli e praticare un modo di studiare figlio della collegialità e della condivisione, dopo l’ultima bella manifestazione di sabato 30 a Napoli, arriva l’ennesimo colpo di mannaia da parte del duo Tremonti-Gelmini. Dopo il taglio netto della scorsa settimana al fondo per i libri di testo gratuiti per la scuola elementare, che ha portato il fondo da 103 milioni a 0 euro, e dopo che i precedenti tagli di cattedre e ore hanno creato classi di più di 30 studenti in violazione delle norme sulla sicurezza che ne prevedono un massimo di 25, mentre i fondi per far fronte a questa misura non vengono assegnati, è ora la volta del taglio radicale al fondo per le borse di studio. Ma questo è solo l’ultimo dei provvedimenti che dalla 133 del 2008 stanno colpendo scuola, università e ricerca passo dopo passo. Dal taglio del tempo pieno alla cancellazione delle graduatorie per i precari, al taglio di scuole e atenei. Ultimo in ordine di tempo, con un taglio dei finanziamenti del 90 per cento il fondo, da 246 milioni di euro erogati nel 2009 per 147.116 borse assegnate, ai 99 milioni di euro di quest’anno, passa a soli 25,7, contenuti nel bilancio di previsione per il 2011. E con 184.038 aventi diritto. Poiché il sistema è regionalizzato, i fondi andranno alle Regioni, che dovranno distribuirli. O più precisamente, i fondi andranno a Regioni già massacrate dai tagli, che dovranno ponderare come distribuirli. Ciò significa che molto probabilmente un buon 80 per cento di “aventi diritto”, saranno “non aventi di fatto”. In particolare al sud, naturalmente. Aggiungendo a questo già devastante bilancio che quella cifra, che significa 1000-2000 euro a studente, si traduce per i fuori-sede nella possibilità di pagarsi l’affitto e il vitto se fuori mensa convenzionata. Non certo quindi gli studi, dalle tasse ai libri. Un percorso in salita che diventa sempre più ripida, perché segnata dalle “opportunità” che viceversa hanno le famiglie con reddito sotto i 17mila euro e valutazione scolastica sopra la media, di accedere a un finanziamento pubblico, che rimane però sulla carta, perché concretamente neanche qui ci sono soldi. E’ l’ennesimo articolo della nostra Carta Costituzionale disatteso da questo governo. L’articolo 34 prevede esplicitamente borse di studio perché i “capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”, ma è l’ennesimo fronte dove il governo taglia fondi, o addirittura li dirotta sul fronte privato, ricreando quel sistema di selezione che quarant’anni fa la scuola democratica e di massa, le borse di studio, concepite nel 1963 come un pre-salario, e poi la liberalizzazione dell’accesso all’università nel 1968, avevano sbaragliato a favore del libero accesso all’istruzione gratuita per tutti, che coincidendo con l’attuazione della Costituzione, ha realizzato concretamente il momento culturale più alto che questo paese abbia conosciuto, realizzando quindi anche un grande sviluppo civile. Non sarà questo radicale cambiamento di rotta che consegna le università al mercato a far ritrovare quello sviluppo, al contrario. Perché solo il sistema pubblico, antitetico al sistema di mercato, può consentire quell’inclusione determinata dalle effettive possibilità di partecipazione alla costituzione e allo sviluppo del paese. E che come dicevamo all’inizio, il conflitto sia fra il governo e i protagonisti di un bene pubblico, non può più passare inosservato. Al contrario, è la sostanza del problema, e la malapianta da estirpare. Anna Maria Bruni 02/11/2010leggi www.controlacrisi.org