RACCONTI & OPINIONI

Fatturato record dei privati. La denuncia di Rifondazione Comunista


Veneto, camici verdi. Le mani della Lega sui soldi della sanità Il titolo è di quelli che fanno cadere dalla sedia: la Lega Nord veneta arraffa (o consente di farlo ai suoi grandi elettori) un monte di milioni della sanità regionale. «Siete i soliti comunisti», diranno i nostri detrattori. Allora cambiamo titolo, facciamolo dubitativo: Com'è possibile che in Veneto le cliniche private fanno meno ricoveri guadagnando molto di più? «E già, perché a fronte di un risparmio di un milione di euro, la Regione ne spreca cinque», afferma Guglielmo Brusco, assessore alla sanità, per Rifondazione, in provincia di Rovigo.Tutto comincia in Polesine dalla relazione di un direttore della Asl, la 18, al bilancio di previsione 2010. In pratica il dottor Marcolongo diceva che anche quest'anno sarebbero state lacrime e sangue per i suoi assistiti perché sull'azienda pesano «alcune scelte programmatiche regionali» come «l'importante rilievo concesso ai privati preaccreditati». E fa due conti: dovrà sborsare 23 milioni di euro per le degenze in quelle strutture private e altri 18 per le prestazioni specialistiche. Se potesse far fronte con le proprie risorse a tali prestazioni la Asl 18 (due terzi del rodigino) risparmierebbe il 35%: 14 milioni di euro. Il direttore, nella relazione, spiegava che queste cose le aveva già scritte alla Regione nel 2008. Vero. Pietrangelo Pettenò, consigliere del Prc in Veneto, ha cercato a lungo quella lettera nei meandri della Regione e l'ha avuta dopo quasi un mese di imbarazzanti rinvii proprio ieri.Con tutto quel ben di dio Brusco stima che si potrebbero assumere almeno 300 persone e far funzionare una macchina della sanità pubblica depressa dall'eccesso di privatimso leghista. «E se qualcosa di analogo è capitato anche nelle altre province a quanto ammonta il fatturato delle cliniche private?», si chiede Brusco. Facciamo una proiezione: se è vero un risparmio di 14 milioni di euro in una Asl con una popolazione pari al 4% del Veneto in quelle casseforti potrebbero finire tra i 250 e i 350 milioni euro. Ogni anno. Grazie a Rifondazione la Corte dei Conti ha tutte le carte ed è stata interessata ad occuparsi dell'economicità della pratica leghista. Liberazione ha il compito di raccontare la storia a partire dagli ultimi quattro assessori alla Sanità. Tutti leghisti e tutti veronesi. Il più famoso a sud del Po è l'attuale sindaco scaligero, Tosi. A Verona, in effetti, c'è una fabbrica, leader del settore, di casseforti. Ma forse la coincidenza più spettacolare è che all'ombra dell'Arena c'è Puntin Giuseppe, boss della sanità privata nordestina, già menzionato nelle cronache della sanitopoli veneta del 2006 per una presunta tangente a un dirigente regionale (il dirigente dice che era solo un prestito). Le malelingue dicono che sarebbe lui il vero assessore. Il suo nome compare nelle partecipazioni di due delle tre strutture private polesane.Un fatto reale è che in otto anni il fatturato dei ricoveri in cliniche private del Polesine è cresciuto del 132% nella Asl 18 e dell'81% nella 19. E le fatture per le visite ambulatoriali sono lievitate del 350% nella prima e del 130% nell'altra. Il dato combinato provinciale è del 133% di aumento. Negli ultimi 15 anni, nel pubblico s'è dimezzato il numero degli ospedali, ora sono 3; i posti letto sono scesi da 1700 a 800 e in pianta organica mancano 215 operatori. Ma come, non si doveva produrre ogni sforzo verso il contenimento dei costi? «Tutto ciò è successo grazie ai meccanismi di recupero della cosiddetta regressione tariffaria e dell'incremento finanziario», riprende Brusco scartabellando tra i fascicoli nel suo studio di Palazzo Celio, sede della provincia polesana. A miscelare gli ingredienti in modo particolarmente conveniente per i privati è stata un piano triennale dell'assessore del 2006, il Tosi, famoso per una condanna per propaganda razzista, lo stesso che girava con un tigrotto giurando di alimentarlo a terroni. La delibera fu votata anche dall'allora vice di Galan, Zaia, ora governatore. Da allora questo meccanismo infernale consente di diminuire le prestazioni come chiede Roma ma di moltiplicare i profitti come piace ai boss cispadani. Prima di Tosi era comunque previsto un incremento finanziario del 2-3% e un aumento delle tariffe del 3-5%. La regressione tariffaria è quella parte eccedente il tetto di prestazioni annue che viene pagata a prezzi più bassi ma poi viene sommata al tetto e diventa il nuovo budget. Così il liquidato dell'anno verrà dato dal tetto previsto più la quota di regressione tariffaria. Ma c'è un altro trucco: la limitazione dei ricoveri si calcola solo sull'afflusso dalla provincia. Il piano triennale di Tosi sembra dinque un capolavoro perché inchioda il sontuoso budget per tre anni prevedendo un calo, come vuole il governo, dei ricoveri, ma lievitando fino all'8% l'incremento finanziario e concedendo che il calo di allettamenti si tramuti in una crescita delle prestazioni ambulatoriali e specialistiche che sono schizzate a un milione nel 2008, quota incredibile con un bacino di utenti che sfiora le 170mila unità. A guadagnarci sono i soliti nomi. E' il nordest, bellezza. E i nomi spesso sono gli stessi di quando non si muoveva foglia da queste parti se De Michelis non voleva. Questo si legge nei bilanci della sanità: ad esempio che un risparmio di un milione e 69.170euro diventi un esborso di 5milioni 15.270 euro. Rifondazione ha fatto i conti clinica per clinica, a Rovigo, e ieri li ha presentati alla stampa. Se i calcoli fossero esatti e visto che il meccanismo è regionale si sbriciola ancora una volta il mito del buongoverno leghista. «Non sarebbe esagerato pensare che a livello veneto i gestori privati per i soli ricoveri ospedalieri potrebbero aver incassato solo nel 2009 50-55 milioni».Checchino AntoniniRovigo 05/11/2010leggi www.liberazione.it