RACCONTI & OPINIONI

La scure si abbatte sui cittadini veneti, Ma il centrodestra si prepara alle nuove nomine del dopo Galan


La Regione veneta taglia sui servizi. Ma per le poltrone nulla cambiaLacrime e sangue. Questa è la cura proposta dal neo assessore Coletto per sanare il buco di bilancio in cui è precipitata la sanità regionale. Lacrime e sangue per i cittadini, considerando che il “Patto per la salute 2010/2012” prevede entro il 2011 la riduzione dei posti letto dall’attuale 4,5 per 1000 abitanti al 3,8 per 1000 abitanti, accompagnata da un tasso di ospedalizzazione che dovrebbe passare da 160 ricoveri per 1000 abitanti a 130/140. Con il corollario della demagogica proposta di Zaia di riduzione degli stipendi per i Direttori Generali e la solita propaganda anti Sud, indicato come il luogo dove albergano sprechi e inefficenze che, per primo dovrebbe mettere ordine nei conti, come questo gravasse sulla situazione attuale del Veneto. Che anche il versante della limpidezza della gestione non spicchi per eccellenza nella nostra regione lo ricorda in una piccola inchiesta giornalistica Renzo Mazzaro nel “La Nuova Venezia” del 1 luglio scorso, quando parla di appalti sanità bloccati e crisi della gestione di Area Vasta.Dei circa 8 miliardi di euro l’anno spesi dalla Regione per la sanità, almeno metà serve agli ospedali e di questi 4 miliardi, ne assorbono un 6/7%, per un totale di 250-280 milioni i servizi di ristorazione e pulizie. Stessa cifra viene spesa per gli appalti di energia e calore per un totale di entrambe le spese del 15% del bilancio ospedaliero (600 milioni di euro annui), la stessa quota di spesa delle Usl per acquistare medicinali. Tutto viene gestito centralmente dal sistema di Area Vasta che, ricorda Mazzaro, “patisce quasi dovunque un blocco”, con tutte le procedure – siamo nel luglio scorso – per la gestione di energia e calore in stand-by nelle Usl venete, salvo a Venezia dove l’assegnazione dell’appalto risultava bloccato perché impugnato davanti al TAR e al Consiglio di Stato. L’Area Vasta doveva assicurare un risparmio che nessuno sembra abbia mai quantificato ma abbiamo visto qual è stato il rilievo critico mosso dalla Corte dei Conti. Di certo, però, c’è che il processo di centralizzazione delle gare d’appalto messo in atto ha inciso negativamente sulla concorrenzialità delle offerte in quanto “i vincitori sono più o meno sempre i soliti. Con una aggravante: gli appalti per l’energia e il calore durano 9 anni, prorogabili per altri 9”, con evidente saturazione del mercato. A pensar male questo meccanismo qualche dubbio sulla trasparenza e pari opportunità di concorrenza nelle gare lo solleva, con innegabili possibilità di creazione di monopoli e cartelli.In questi anni si è pensato più a consolidare posizioni di comando e di potere piuttosto che affrontare seriamente una domanda sempre più complessa di assistenza e cura. La sanità veneta mantiene, nonostante ciò, punte di eccellenza e di qualità, una rete ospedaliera importante ma il sistema è corroso da crepe, sprechi e disfunzioni che sono andati accumulandosi sino alla deflagrazione attuale dei problemi. Nel “Patto” proposto dall’assessore regionale non c’è alcun serio impegno ad una drastica sterzata da questa strada ma solo proposte di tagli che provocheranno la perdita di almeno 2145 letti ospedalieri su 16.500 e il taglio di 92mila/142mila degli attuali 836.015 ricoveri. E’ in questo modo che si pensa di recuperare, probabilmente, quel 2% di differenza tra l’effettivo aumento annuale di spesa di settore e gli attuali ridotti trasferimenti statali, una differenza aumentata di un altro punto grazie alla eliminazione dell’addizionale Irpef sui redditi medio-alti voluta da Galan. Si tratta di una minore entrata di 120 milioni di euro che peserà in negativo sul bilancio della sanità e, in particolare, sulla consistenza del fondo per la non autosufficienza e, quindi, su categorie di utenti già svantaggiate da una condizione precaria di salute.“La richiesta di Zaia alle Usl di non superare nel 2010 la spesa del 2009” dichiara Claudio Rizzato, responsabile sanità  del PD veneto al “Corriere del Veneto” del 22/9 “è del tutto irrealistica e nasconde la volontà di scaricare sulle famiglie venete la riduzione dei servizi causata dal taglio delle risorse al settore. Poiché la spesa sanitaria non può restare ferma e subisce sia un aumento fisiologico, sia un incremento dovuto alla crescita della domanda, i direttori generali dovranno ridurre i servizi, come sta già accadendo”. E i primi a saltare saranno quelli dedicati alla prevenzione, alla riabilitazione e all’assistenza sul territorio. Per rispondere alla richiesta della Giunta regionale di una riduzione del fabbisogno di spesa previsto le Usl dovranno ridimensionare le previsioni di spesa e, quindi, ridurre le effettive prestazioni e servizi erogati. Adoperando anche operazioni contabili che garantiscano una riduzione o l’annullamento del disavanzo nei bilanci: trasferendo, ad esempio, agli esercizi successivi spese dell’anno in corso, rinviando come stanno facendo continuamente il pagamento degli straordinari ai dipendenti, utilizzando la possibilità contabile di non inserire gli interessi passivi per ritardati pagamenti ai privati delle prestazioni in convenzione e ai fornitori di beni e servizi (interessi stimanti intorno ai 40 milioni di euro).Intanto le famiglie saranno chiamate a pagare in solido i servizi non più erogati dalle Usl, costretti a rivolgersi sempre più alle strutture private (ad oggi le famiglie sborsano 30 euro per ogni 100 euro spesi in sanità). L’assistenza sul territorio sarà anch’essa ridotta – le decisioni in materia delle Conferenze dei Sindaci per la predisposizione dei Piani di Zona sono, infatti, condizionate dalla riduzione delle risorse regionali e, quindi, gravano anch’esse sulle tasche degli utenti, specie le categorie più deboli: disabili ed anziani non autosufficienti assistiti in strutture residenziali pagano rette insopportabili, mediamente di 1500 euro al mese per chi è titolare di contributo regionale e di 3000 euro mensili chi non lo ha ottenuto. La manovra finanziaria del Governo che, di fatto, blocca il tour over del personale aumenta la precarietà della situazione e la aggrava, specie per la qualità, l’efficienza e l’efficacia di servizi essenziali come quelli di urgenza-emergenza, chirurgica e infermieristica, oggi sostenuti solo dalla “buona volontà” del personale che è gravato da robusti monte ore di ferie non godute e di straordinari non pagati.Mentre si è da tempo aperta la competizione tra le forze politiche di centro destra su chi debba restare con il cerino in mano nell’attribuzione delle responsabilità per la gestione fallimentare del bilancio della sanità veneta e aumenta il nervosismo nel management dirigenziale delle Asl a fronte dei propositi dei nuovi governanti di andare ad un riordino delle “poltrone” nelle singole Aziende che apra la stagione del dopo-Galan, la situazione rimane precaria e senza realistiche proposte di soluzione da parte di costoro, se non il perpetuarsi di sprechi – consulenze onerose, gare d’appalto concentrate in poche mani, project financing pluriventennali – a fianco della riduzione dei costi e, quindi, dei servizi. Una privatizzazione strisciante della sanità pubblica che verrà pagata dagli utenti a fronte di servizi essenziali di assistenza e cura che saranno sempre più cari e meno accessibili per tutti.Paolo De Marchi Terra a Nordest09/11/2010