RACCONTI & OPINIONI

In atto un processo di gestazione post Berlusconi per rinforzare il berlusconismo. Da Fini a Casini, da Bonanni a Marchionne


I vescovi fra la "spallata" e l'attesa. Rimpiangendo la Dc  «Più di altre volte colgo una vivacità, uno spettro variegato di sensibilità». Così dice monsignor Mariano Crociata, segretario della Cei, all'uscita dall'assemblea dei vescovi. Tradotto in parole povere, vuol dire che dentro l'aula la relazione del cardinale Bagnasco non è bastata a mettere tutti d'accordo. O almeno che l'umore della periferia si rivela più esigente delle sue parole e che "galleggiare" sulla crisi - come aveva detto il presidente Cei riferendosi alla politica - potrebbe essere un danno anche per la Chiesa. Tutto sommato il cardinale non ha voluto dare la spallata finale per buttar giù Berlusconi. «E' l'ora della prudenza», sottolinea l'agenzia episcopale Sir. In realtà, tutti danno per scontato il passaggio di fase. Il problema riguarda il dopo. Su Avvenire, il direttore Marco Tarquinio affonda Fini e la sua nuova creatura bollandola come «ultima evoluzione della destra post fascista» e considerandola inaffidabile per le posizioni sulle coppie omosessuali e per altre «pretese radicalizzanti» «all'insegna del più piacione dei relativismi». E' un alto là al cattolico Casini perché non formi una coppia di fatto con Fini. La lunga ripassata del cardinale Bagnasco sui temi "non negoziabili" era già stata di avvertimento. Crociata sfuma i pur sfumati giudizi di Bagnasco sul comportamento del Cavaliere ma sotto l'ovatta del discorso "pastorale" spunta di nuovo il richiamo a regolare gli «impulsi» con la «volontà e la libertà». Senza «cercare un unico capro espiatorio» perché tutti dobbiamo rispondere delle responsabilità, certo «in diversa misura» e naturalmente «chi sta in primo piano deve avvertire «maggiormente il richiamo». Il giudizio più severo per il governo sta in quell'Italia «inceppata» descritta da Bagnasco. Come mai allora il presidente dell'episcopato non ha presentato ai ministri anche il conto delle inadempienze sul tema caro della famiglia, proprio nel giorno della Conferenza nazionale? Crociata ci risponde che «non è segno di disattenzione»: non è forse di famiglia che si parla quando si mette l'accento sul dramma del lavoro? Ed ecco che il baricentro "familiare" si sposta significativamente dalle questioni "etiche" a quelle concretissime della crisi. Si scopre così che molti vescovi stanno insistendo su tali urgenze. E' questo il polso delle parrocchie e altrettanto lo sono le preoccupazioni, non solo dei meridionali, per un federalismo leghista che spezza il Paese. Gli "umori" si riverberano anche su un'altra questione: la «rappresentatività» del Paese nelle istituzioni, vale a dire la necessità di una riforma della legge elettorale. Crociata, un po' sotto traccia, rimanda a quanto scaturito al riguardo dalla recente "Settimana sociale dei cattolici". I fedeli devono fare politica: tutti concordano. Si sta già studiando come riorganizzare le scuole di formazione diocesi per diocesi. Ma quanto potrà reggere ancora l'ipotesi di un'unità politica dei cattolici dispersi nella diaspora tra i vari partiti senza che si riaffacci il sogno di un nuovo balenottero bianco alla vecchia maniera? Del resto è questo il progetto di Casini e dell'Udc. Perciò, come minimo, sarà bene non dare l'impressione che gli unici politici cattolici degni di copertura siano quelli ancora da allevare in batteria. E si spiega la ragione del lungo discorso che Bagnasco ha dedicato appunto alla nuova maturità e al «realismo» di cui danno prova diversi cattolici da tempo impegnati nell'agone. Insomma, i vescovi mica potranno scaricare i democristiani per ritrovarsi, ieri, con Berlusconi e, domani, con Fini.Fulvio Fania10/10/2010leggi www.liberazione.it