RACCONTI & OPINIONI

Siamo tra coloro che non disprezzano il "buonismo" di Fazio né la sua eccessiva acquiescenza, ma........


"Vieni via con me". Ma perché piace? Televisivamente parlando, la domanda dell'anno è: perché Vieni via con me di e con Saviano, Fazio & co sta avendo questo incredibile successo? Prima i fatti. Si tratta di una trasmissione a lungo elaborata e da lungo tempo annunciata, sull'Italia. L'Italia migliore (quella da sempre coltivata dalla televisione di Fabio Fazio) e quella peggiore, quella dei buoni italiani e quella dei cattivi italiani. Si tratta di un racconto che parte dagli elenchi - passione segreta e non, di tanti letterati - che fungono da pillole per la decrizione di una realtà e che si sviluppano quindi in forma di narrazione teatrale. Si tratta di un passaggio di testimone dalla politica, alla cronaca, allo spettacolo, alla cultura. Finestre sul mondo che ci circonda in cui ciascuno dei partecipanti porta contemporanemente sé e il panorama come lo vede. Il micro e il macro, l'individuo e la sua idea di collettività. Alla fine delle due ore e oltre di trasmissione, il telespettatore è stato abbondantemente fornito di motivi per restare o andarsene da questo paese. La prima puntata dell'8 novembre, attesa con curiosità da molti per il braccio di ferro tra autori del programma e il direttore della Rai Masi, ma anche per l'annunciata presenza di Roberto Benigni, ha raccolto un pubblico di oltre otto milioni. Nella seconda puntata - senza Benigni e con le meno appetitose presenze di Bersani e Fini - il pubblico è aumentato di un milione e mezzo. Le impressioni. Siamo tra coloro che non disprezzano il "buonismo" di Fazio né la sua eccessiva acquiescenza. Abbiamo quindi acceso lo schermo con sguardo benevolo e "fiancheggiatore". Eppure, come diversi critici televisivi, siamo arrivati alla fine della visione di Vieni via con me stremati dall'eccessivo esercizio di retorica, dalla boria, dalla saccenteria, dalla presunzione e, soprattutto, dalla noia. Poca novità di sostanza e molta autocelebrazione. Nulla novità televisiva e molta staticità. Abbiamo quindi preconizzato una disfatta della seconda puntata. Niente di più sbagliato. Come è noto, la Raitre del reintegrato direttore Paolo Ruffini, lunedì sera ha registrato ascolti come mai prima. La domanda quindi rimane tutta e si ritorce contro di noi e la nostra convinzione - altro errore - di essere in sintonia col sentire comune. Perché questa trasmissione sta avendo tanto successo? Perché piace soprattutto ai giovani e agli universitari? Perché c'è un pezzo di ragazzi sotto ai 18 anni che invece di gettarsi di lunedì sera nel consolatorio nulla del "Grande fratello" decide di beccarsi le filippiche di Fabio Fazio? Si tratta forse di fame di significato? Di ricerca disperata di un senso televisivo? Di voglia di ritrovarsi in una comunità? Di desiderio di pensarsi facenti parte di un'Italia migliore? E questo, a discapito del medium che ti sta proponendo la risposta ai tuoi bisogni. Perchè la televisione, almeno così come l'abbiamo teorizzata sino ad oggi, quella roba lì non dovrebbe proprio digerirla. E invcece...Vieni via con me, allo stato dei fatti, sta scardinando le regole e le teorie della comunicazione televisiva. Sta sconvolgendo gli ambiti politici (vedi le reazioni al programma), sta riscrivendo non tanto un pezzo di storia dell'Italia passata, quanto il racconto del suo presente. E' un evento che non può essere ignorato, che ci regala molte domande e tanti buoni motivi per pensare. Là fuori c'è un'Italia che davvero non conosciamo abbastanza. Roberta Ronconi17/11/2010