RACCONTI & OPINIONI

Cinema. Illegal, di Olivier Masset-Depasse. Film pensante ma anche pesante, ci impone un dolore costante, insopportabile


Odissea senza fine di una clandestina nel cuore dell'Europa  Il mondo sarebbe diverso senza il cinema belga. In quel paese lacerato sopravvive una cinematografia civile di una forza inaudita, indignata e disturbante. Un movimento ininterrotto di anime e cervelli che davanti alla macchina da presa ha la capacità di mostrarci il mondo attuale nella sua benpensante ferocia. Un cinema ideologico, spesso, e rigido, ma anche appassionato e coraggioso.Olivier Masset-Depasse è di sicuro allievo meritevole di questa scuola, il suo impegno politico invade Illegal, tanto da far recitare persino suo figlio nella parte del piccolo Ivan. Questo bimbo biondo e volitivo è un piccolo clandestino, figlio di Tania, da 8 anni illegalmente in Belgio. Per lui Tania (o Zina?) vive una vita nascosta, per lui quando la richiesta d'asilo le viene respinta, si brucia i polpastrelli su un ferro da stiro. Una madre che si gioca il suo presente e che con un'ustione cancella il suo passato e la sua identità, perché il figlio possa rimanere in Belgio. Lei, scopriremo, viene dall'ex Unione Sovietica, e sarà vittima di tutti gli orrori che la società occidentale moderna riserva agli "ospiti inattesi" (ricordate il bel film con Richard Jenkins?), dalla repressione violenta in divisa alla burocrazia fatta di bolli e cinismo. Anne Coesens, già protagonista de Il segreto, offre il viso alla sofferenza di chi una patria deve conquistarsela e il talento a un inferno senza via di scampo. La sua Tania è costretta in prigione, incontra altre donne piegate e spezzate da una vita nascosta. Si confronta con la crudeltà di un sistema che bada solo alla disintegrazione sociale, che opera nel tessuto delle nazioni moderne con asportazioni chirurgiche di minoranze, secondo la scuola che va da Sarkozy (pratica ben descritta nel francese Welcome) alla destra italiana, passando per tanti, troppi politici e ideologi conservatori europei, che si permettono fatti e parole che un tempo scandalizzavano e venivano lasciati a leader marginali come Bossi o Haider. Poi arrivati al potere.Film pensante ma anche pesante, Illegal ci impone un dolore costante, insopportabile, sistematico. Sarà pure schematico, nel suo essere opera di denuncia, ma è efficace. E quando si ricorda di essere anche cinema, come nella scena della mensa della prigione, comicamente tragica, regala anche dei piccoli gioielli. Il resto sta tutta nella regia diligente e di servizio di Masset-Depasse e nella maiuscola prova della Coesens, che gli sono valsi la selezione alla Quinzaine, a Cannes, e la nomination per il premio LUX del Parlamento Europeo. Boris Sollazzo  19/11/2010