RACCONTI & OPINIONI

In Piemonte artigli cattoleghisti contro la legge 194 e i diritti all''autodeterminazione delle donne


COTA E LA CHIESA MANDANO LE ARPIE NELLE CORSIE OSPEDALIERE È sempre difficile parlare di aborto, soprattutto quando sei una donna e pure mamma. Sono stati scritti fiumi di parole, da chi è pro e da chi è contro all’Interruzione Volontaria della Gravidanza (IVG), tante le discussioni tra laici e religiosi, tanti i dibattiti politici, in ogni epoca i partiti politici hanno cavalcato l’onda dell’aborto per portare al proprio partito i voti, ma mai nessuno si è impegnato seriamente a discutere CON le donne per arrivare ad un accordo che fosse PER le donne.Nel 1975 il tema della regolamentazione dell'aborto riceveva l'attenzione dei mezzi di comunicazione, in particolare dopo l'arresto di alcuni esponenti politici, per aver praticato aborti, dopo essersi autodenunciati alle autorità di polizia (azione nonviolenta dei radicali). Una delle donne arrestate si chiama Adele Faccio che era la segretaria del CISA (Centro d'Informazione sulla Sterilizzazione e sull'Aborto), che con altre donne si proponeva di combattere la piaga dell'aborto clandestino, creando i primi consultori in Italia e organizzando dei «viaggi della speranza» verso le cliniche inglesi e olandesi, dove grazie a voli charter ed a convenzioni contrattate dal CISA, era possibile per le donne avere interventi medici a prezzi contenuti e con i mezzi tecnologicamente più evoluti. Nello stesso anno una delegazione presentava alla Corte di Cassazione la richiesta di un referendum abrogativo degli articoli del codice penale, riguardanti i reati dell'aborto. Il bisogno di adeguare la normativa si è presentato al legislatore anche in seguito alla sentenza n.27 del 18 febbraio 1975 della Corte Costituzionale. Con questa sentenza la Suprema Corte, pur ritenendo che la tutela del concepito ha fondamento costituzionale, consentiva il ricorso alla IVG per motivi molto gravi.La legge italiana sulla IVG è la Legge n.194 del 22 maggio 1978 (detta anche più semplicemente "la 194") con la quale sono venuti a cadere i reati previsti per l’Interruzione Volontaria della Gravidanza, la 194 consente alla donna, nei casi previsti dalla legge, di poter ricorrere alla IVG in una struttura pubblica (ospedale o poliambulatorio convenzionato con la Regione di appartenenza), nei primi 90 giorni di gestazione; tra il quarto e quinto mese è possibile ricorrere alla IVG solo per motivi di natura terapeutica.Inoltre la legge stabilisce che le generalità della donna rimangano anonime,  che "il medico che esegue l'interruzione della gravidanza è tenuto a fornire alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite" (art. 14), che il ginecologo può esercitare l'obiezione di coscienza ma che il personale sanitario non può sollevare obiezione di coscienza allorquando l'intervento sia "indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo" (art. 9, comma 5). Insomma la donna viene tutelata in tutte le sue forme, ma esiste anche la tutela per il personale sanitario. Pur con numerose sfumature, il dibattito contrappone due posizioni principali:·         quella di chi sostiene che la IVG dovrebbe diventare (o restare, dove già lo è) lecita e legalizzata, demandando alla valutazione soggettiva della donna, e solo ad essa, la scelta in merito. Questi vengono talvolta definiti pro choice, "a favore della scelta", o abortisti. Aderiscono a questo fronte, in linea di massima, tutti coloro che non ritengono di poter giudicare astrattamente motivazioni così personali, coloro che privilegiano la libertà di scelta, coloro che non ritengono che un embrione sia già un essere umano compiuto, coloro che lo ritengono un modo efficace di ridurre o sconfiggere la piaga degli aborti clandestini, ed altri ancora.  I cosiddetti abortisti non sono necessariamente a favore dell'aborto. Essi sostengono piuttosto la assoluta necessità di una legislazione chiara e precisa che stabilisca cosa sia possibile fare, come debba venire fatto, chi sia incaricato di eseguire aborti e con quali controlli e quant'altro necessario. Questo per tutelare le persone coinvolte nel processo e la loro libertà di scelta, e per minimizzare i rischi di salute connessi. Resta il fatto che una legislazione chiara e precisa è spesso gradita anche da parte dei "pro life": l'assenza di legislazione, infatti, è spesso causa del permanere del fenomeno nella clandestinità, piuttosto che della sua eliminazione effettiva. Per lo più, in realtà, come accadeva anche in Italia, prima della legge 194 del 1978, ovvero nel codice penale Rocco del 1930, di norma esiste sempre almeno una norma che punisce l'aborto, quindi si tende a parlare di legalizzazione dell'aborto intendendola come concessione del diritto di abortire solo nei casi esplicitamente previsti dalla legge.·         quella di chi vorrebbe rendere (o mantenere) illegale la IVG, o quantomeno sottoporre la sua applicabilità a vincoli estremamente stringenti. A questo fronte (autodefinitosi pro life, "a favore della vita", ovvero esplicitamente antiabortista) appartengono in generale tutti coloro che ritengono che l'embrione umano, fin dal concepimento, dovrebbe godere dello stesso diritto alla vita dell'essere umano dopo la nascita, nonché la maggior parte delle confessioni religiose; In Italia si fa interprete di questo fronte il Movimento per la Vita, nel quale confluiscono forze laiche e religiose (cattoliche, ortodosse e alcuni gruppi protestanti). I sostenitori di queste tesi considerano l'embrione un essere umano a tutti gli effetti, in quanto dotato di un proprio patrimonio genetico diverso da quello dei genitori e, dopo un certo stadio di sviluppo, di un sistema nervoso centrale, ritenuto sede della coscienza. In quest'ottica, dunque, tanto l'embrione quanto il feto sarebbero già persona umana fin dal concepimento, dotati degli stessi diritti della donna che lo porta in grembo.Sicuramente qualcuno dei lettori starà pensando “ma perché questa qui viene a farci un pippone sull’aborto, le sue leggi e il dibattito tra “abortisti” ed “antiabortisti”?”Il motivo è semplice, in Piemonte è stato eletto come Governatore della regione il “bel” Cota, catto-leghista per eccellenza, che nella sua campagna elettorale promise a quella banda di “volontari Pro-vita” di entrare negli ospedali, e fino qui eravamo solo in campagna elettorale, peccato che qualcuno però se lo sia segnato sull’agenda e sia andato a chiedere di conto di quanto detto. Morale della storia la regione organizza “corsi di formazione per volontari Pro-vita” così che possano operare nelle strutture ospedaliere. Non entro in merito alle diatribe politiche, posso solo immaginare cosa potrà accadere ad una donna che, suo malgrado, decida di abortire, oltre che dovere raccontare a tutte le figure professionali che ruotano intorno alle IVG (ginecologo, infermiera, psicologo….) dovrà anche affrontare una “banda” di fanatici che, come raccontato da Maria su La Repubblica- cronaca di Torino del 25 ottobre 2010: “…sul marciapiede di via Ventimiglia (ospedale materno-infantile Sant’Anna n.d.r.) mi ha avvicinato una donna che stava volantinando per il Movimento per la Vita e ha cominciato a dirmi se sapevo cosa succedeva in quel posto, quale luogo orrendo fosse, un abortificio. Ero lì per un controllo e non ero tranquilla, non avevo certo voglia di stare a sentire, le ho detto che ero in ospedale proprio per un aborto, che per una donna non era certo una scelta facile, che mi lasciasse in pace. Ovviamente non sapeva che avevo già abortito, mi ha detto che potevano aiutarmi, sostenermi. L'uomo in camice bianco, un infermiere?, che stava dietro di lei e stava distribuendo volantini ha sentito quello che stavo dicendo e ha cominciato ad urlare che eravamo delle assassine, che le donne che abortiscono commettono un omicidio, sono malate di mente. Ho alzato la voce anch'io, gli ho detto che prima di ogni altra considerazione, da uomo non poteva capire cosa poteva provare una donna. Lui ha alzato la voce ancora di più, ha detto che avrei potuto partorire e poi far adottare mio figlio. Ero inorridita, ho tagliato corto e sono entrata. Quando sono uscita ha ricominciato. Un'esperienza sgradevolissima, che non dimenticherò.”Dopo questo articolo i paladini dei “bambini che dovrebbero nascere” hanno preso le distanze, il presidente del Movimento per la vita di Torino, il docente universitario Valter Boero, ha rivelato a «La Repubblica» del 29/10/2010 che: “il direttivo nazionale che si è svolto sabato a Roma, ha messo un aut-aut ai rappresentanti del «Comitato Verità e vita»”. La presidente nazionale del Movimento per la vita, chiede a tutti di scegliere, perché ritiene le strategie delle due associazioni inconciliabili. Ma allora perché non siamo più libere di agire secondo la legge? Perché dobbiamo essere accusate di atrocità nel momento più difficile della nostra vita? A questo punto anche nello stesso partito del “bel” Cota c’è stato qualcuno che ha obiettato questa decisione:  quattro consiglieri Pdl mettono subito le mani avanti spiegando che «non si tratta di una presa di posizione contro Cota o l'assessore Ferrero» che “ritengono necessario rispettare le donne rispettando ed applicando le leggi senza far prevalere le visioni piu' radicali”. Che «La politica deve trovare il modo di mediare tra due tesi opposte che vengono portate avanti con radicalita' da chi e' favorevole all'aborto e da chi e' contro», che e' «necessaria una riflessione aggiuntiva che tenga conto delle diverse sensibilita' in campo»….. Secondo l’opposizione, invece, «e' inaccettabile la campagna scatenata dal governatore e dai movimenti pro vita contro le strutture pubbliche piemontesi che applicano correttamente la legge 194»”. Ma dunque, fatemi capire, è un atto di forza del “nostro” Governatore o è una presa di posizione politica del PdL?Come donna libera tutte queste polemiche e questi tentativi di togliermi la libertà di scelta mi irritano profondamente, solo un mentecatto può pensare che possa decidere lui al posto mio, non vorrei riproporre un vecchio ritornello del ’68 (che, tra l’altro aveva un altro significato) ma mi viene proprio voglia di dire “l’utero è mio e me lo gestisco io” con tutto quello che contiene. La rabbia più “rabbiosa” mi viene al pensare con quale arroganza si affrontano a tavolino certi argomenti, che sono talmente delicati e talmente “intimi” che non possono trovare soluzione se non quando ci sei dentro, se non quando ti capita un qualcosa per il quale devi prendere una decisione.Come donna libera non posso pensare che una istituzione pubblica, quali possono essere gli ospedali, mi mettano in condizioni di peggiorare lo shock psicologico che un IVG già comporta.Come donna libera ho la necessità di essere compresa, presa per mano ed accompagnata a svolgere l’intervento più difficile della vita di ogni donna.Come donna libera ho il diritto di poter scegliere come abortire senza sentirmi obbligata ad un ricovero ove non ce ne sia l’esigenza.Io sono una donna libera e come tale ho fatto nascere le mie figlie, non posso permettere a nessuno di togliermi la libertà di scegliere. NOTA A MARGINESignori miei ho avuto la fortuna di non dovere decidere se fare nascere o no le mie figlie, e mi auguro che loro non debbano mai trovarsi in una situazione simile, ma vi assicuro che se dovesse capitarmi, anche se l’età ormai avanza ed avrei poche possibilità, il primo che viene a dirmi che sto sbagliando si troverebbe davanti una belva che difende i suoi diritti di donna!!!!!!!Cristina Miletto(articolo di apertura del prossimo numero di Lavoro e Salute)