RACCONTI & OPINIONI

Numerose inchieste di diverse procure hanno palesato come le cosche locali puntino ad inserirsi nei sub-appalti


Le mani delle mafie sul Ponte dello Stretto «Intere colline sventrate, boschi che si trasformano in enormi discariche di inerti, viadotti e piloni innalzati su complessi edilizi ed impianti sportivi, persino un cimitero investito dalle colate di cemento armato». «Intere colline sventrate, boschi che si trasformano in enormi discariche di inerti, viadotti e piloni innalzati su complessi edilizi ed impianti sportivi, persino un cimitero investito dalle colate di cemento armato». Così l’ha raccontata per anni il giornalista free lance Antonino Mazzeo la complessa vicenda che attraversa lo Stretto di Messina: soffocato dalla  mafia, dal progetto del ponte e da un’informazione negata. Di cosa accadrà con il Ponte destinato a collegare i due lembi estremi di Sicilia e Calabria non si deve parlare, questo è ormai assodato. Persino una relazione tecnico-urbanistica elaborata dal Comune di Messina per descrivere gli impatti sul territorio dei lavori del Ponte era rimasta a lungo nei cassetti dei palazzi, ignorata dal Consiglio Comunale che avrebbe dovuto approvarla o respingerla.Allo scempio in cantiere non sarà risparmiato un angolo di città, né sul versante calabrese né su quello siciliano. Questo appare sempre più evidente. Ai disastri ambientali si dovranno aggiungere i 257.200 metri quadrati di superficie occupata da cantieri, i costi e il vuoto lasciato da linee di comunicazione interna assenti. Ma nel suo “I Padrini del Ponte” Antonino Mazzeo - con il contributo di Umberto Santino - racconta anche tanto altro. Dietro la costruzione del Ponte sono già pronte ad operare le menti affaristiche della mafia. Il libro, attraverso una documentazione puntuale, racconta: «Di speculatori locali e d’oltreoceano, di faccendieri di tutte le latitudini, di  piccoli, medi e grandi trafficanti, di sovrani o aspiranti tali, di amanti incalliti del gioco d’azzardo, di accumulatori e dilapidatori di insperate fortune, di frammassoni e cavalieri d’ogni ordine e grado, di conservatori, liberali e finanche ex comunisti, banchieri, ingegneri ed editori, traghettatori di anime e costruttori di nefandezze».Numerose inchieste portate avanti da diverse procure hanno palesato come le cosche locali puntino ad inserirsi nei sub-appalti, nelle opere secondarie e nell’imposizione di pizzo e quanto, dall’altra parte del mondo, la mafia internazionale abbia provato a finanziare l’opera, grazie alle riserve di denaro di cui dispone. L’allarme che Mazzeo cerca di porre all’attenzione dell’opinione pubblica e della politica è condiviso dalle stesse strutture preposte al contrasto investigativo alla criminalità organizzata. Nella relazione del 2005 la Dia affermava che: «Ingenti capitali illecitamente acquisiti da un’organizzazione mafiosa a carattere transnazionale sarebbero stati reinvestiti nella realizzazione di importanti opere pubbliche, con particolare riguardo a quelle finalizzate alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina». L’attenzione degli investigatori rimane alta.Cosa nostra e la ‘ndrangheta stanno già controllando pezzo per pezzo la nascita, l’evoluzione e la futura realizzazione dei cantieri, monitorando le possibilità offerte da subappalti, forniture e partecipando  all’investimento economico per il Ponte. La dettagliata inchiesta parte dal racconto dell’indagine “Brooklyn, la mafia del Ponte”, condotta dalla procura di Roma, che ha rintracciato i cinque miliardi di euro della “famiglia” Zappia, provenienti dal traffico di droga, pronti per essere investiti per il Ponte. Con questa inchiesta si apre il viaggio di Mazzeo all’interno degli affari in odor di mafia per il Ponte e più in generale dell’attuale contesto del capitalismo - come sottolinea nella prefazione Umberto Santino - «In cui l’accumulazione illegale convive con quella legale, accomunate da processi di finanziarizzazione speculativa per cui diventa sempre più difficile distinguere i due flussi». Mazzeo si pone questo obiettivo: distinguere per non confondere. Lasciare nero su bianco, lontano dalla retorica del “no” al Ponte, i motivi reali per cui quest’opera non andrebbe realizzata.Norma Ferrara (libera informazione) 11/12/2010  www.terra.it