RACCONTI & OPINIONI

Testimonianza della madre di Carlo Giuliani a sostegno della ribellione studentesca, dopo una vita nella scuola


Per le figlie e i figli del futuro A pensarci bene, sono più di quaranta anni che manifesto per la scuola pubblica. O meglio: più di quaranta anni fa abbiamo manifestato, e lavorato, moltissimo. La lotta paga, dicevamo; e lottavamo contro un analfabetismo diffuso e per una scuola pubblica in grado di rispondere alle esigenze della società di allora: tante famiglie che migravano dal sud al nord del nostro Paese, tante famiglie che lasciavano la campagna per venire a cercare lavoro nelle città. Volevamo una scuola a misura dei nostri bambini e delle nostre bambine, della nostra meravigliosa gioventù. Abbiamo costruito con fatica, e coinvolgendo tutte le persone che vivevano nei quartieri dove lavoravamo, scuole a tempo pieno, biblioteche di classe e di plesso, collettivi di insegnanti che programmavano insieme discutendo di tutto. Eravamo consapevoli della differenza tra scuola che forma, come è giusto sia una scuola per tutte e per tutti, e scuola che informa, sterile e nozionistica, incapace di affrontare i problemi e le necessità dei giovani, di “promuoverli” davvero ed aiutarli a crescere; consapevoli di non poter delegare alle famiglie i compiti che spettavano a noi o, peggio, riversare sui genitori la colpa dei fallimenti. Chi svolgeva attività di sostegno era considerato insegnante a tutti gli effetti: avevamo abolito le “classi differenziali”, cancellato le aule affollate; nel nostro vocabolario esistevano solo l’alunna o l’alunno con le proprie modalità di apprendimento. Poi, a poco a poco, le nostre conquiste hanno perso vigore. Non è mai stato possibile estinguere i baronati, il rapporto scolaresca-docente è andato via via peggiorando; al posto di un tempo educativamente pieno è arrivato un tempo allungato, magari gestito da privati; al posto della persona giovane, che noi avevamo messo al centro di tutta l’azione educativa, è stata messa la materia. O le materie, che variavano a secondo del ministro in carica. Di tanto in tanto si sente parlare di nuovo di classi differenziali. Molte volte in questi anni, pur essendo occupata in vicende ancora più tristi, mi sono chiesta, con profonda ammirazione, come facciano ancora a lavorare e resistere i colleghi e le colleghe della scuola. E altrettante volte, incontrando giovani e giovanissime, mi sono chiesta come facciano ad essere così belli e così belle, soprattutto “dentro”. Poi mi dico che la storia non è tanto diversa, da quaranta anni a questa parte: le persone immigrate ci sono sempre, anche se ora giungono da più lontano; e c’è sempre da lottare, anche se oggi le forze sono ancora più disuguali. Perché di poche cose sono sicura come di questa: non rimane che lottare, fianco a fianco. Domani mi nasconderò in un corteo studentesco: manifesterò per la scuola pubblica, per la cultura, per la ricerca, contro lo sfruttamento e il precariato; manifesterò per la “mia” scuola, quella per cui ho lavorato una vita. Manifesterò per i figli e le figlie del futuro. Perché oggi più che mai dobbiamo essere e restare al loro fianco.Haidi Gaggio Giuliani14/12/2010