RACCONTI & OPINIONI

La testimonianza di lavoro e solidarietà di una donna, un medico volontario per Medici Senza Frontiere


Silvia racconta la sua esperienza di chirurgo in Pakistan Quando mi hanno proposto il Pakistan, e più precisamente la NWFP (North Western Frontier), mi trovavo alla mia prima missione e non sapevo davvero cosa aspettarmi. La mia idea su questo paese era quella più diffusa nei paesi occidentali e già mi aspettavo di incontrare numerose difficoltà in quanto giovane donna e chirurgo.Pensando infatti al ruolo della donna nella società pakistana mi chiedevo se sarei riuscita a ottenere il rispetto dello staff e, nello stesso tempo, se avrei saputo capire e accettare la nuova cultura con cui sarei venuta a contatto.Appena arrivata, mi sono subito resa conto che in realtà non avrei avuto problemi. La popolazione e lo staff del dipartimento chirurgico sono stati fin dall'inizio davvero accoglienti. Il fatto di sapere fare il proprio lavoro e di farlo con coscienza è la sola cosa che conta al di là di essere una donna. Il fatto di accettare le regole culturali, vestire in abiti tradizionali e portare il velo è solo il mezzo per guadagnare l'accettazione e la possibilità di condividere le proprie esperienze di vita e la propria cultura.Il lavoro è stato tanto, ma ricco di soddisfazioni e il fatto di avere lavorato in due progetti (Dargai, nel distretto di Malakand e Timurgara, nel distretto di Lower Dir), mi ha permesso di capire più a fondo questa regione. I due progetti sono vicini geograficamente, distanti solo 2 ore di macchina, ma profondamente diversi per quanto riguarda il tipo di lavoro e l'atmosfera. A Timurgara, dove MSF supporta il pronto soccorso e la sala operatoria per le emergenze in un grande ospedale, ogni giorno si lavora con l'emergenza e la prima volta che sono andata ad aiutare nel progetto è stato durante uno degli attentati. Abbiamo lavorato tutto il giorno e la notte per soccorrere i pazienti coinvolti nello scoppio. È stato difficile accettare che alcuni di loro non siano sopravvissuti, è stata la prima volta che mi sono davvero resa conto dell'impotenza che si può avvertire nel mio lavoro di chirurgo, ma anche della profonda soddisfazione di sentirsi utili.A Dargai, l'accettazione della popolazione nei confronti di MSF è davvero diffusa e MSF supporta tutti i dipartimenti del piccolo ospedale. Il lavoro chirurgico è caratterizzato dalla presenza di un elevato numero di interventi in elezione e ovviamente delle emergenze. È stato davvero un lavoro ricco di soddisfazioni: occuparsi dell'organizzazione del dipartimento chirurgico, poter dare assistenza a pazienti abituati a ricevere solo cure a pagamento e, soprattutto, sapere che la presenza di un chirurgo donna aiutava le donne a venire in ospedale per ricevere trattamenti adeguati.Ciò che più mi ha stupito in entrambi i progetti è l'accoglienza e la disponibilità della popolazione, che è molto più aperta di quello che pensiamo e stretta in una comunità in cui la solidarietà e i legami familiari sono la cosa più importante. I pazienti provengono per lo più da aeree rurali, ma sono assolutamente consapevoli dei diritti concernenti la loro salute e la qualità dei trattamenti.Dargai, Pakistan - 11 giugno 2010 - Uno dei bambini che Silvia ha fatto nascere. Certo, le difficoltà e le frustrazioni ci sono state: non è facile aspettare di operare una paziente perché questa deve chiedere il consenso al proprio marito o ai propri parenti maschi, non è facile vedere arrivare pazienti in urgenza con gravi ferite, non trattati dai medici pakistani solo perché poveri o arrivati durante la notte. Questo soprattutto quando si tratta di donne che necessitano di trattamenti ginecologici urgenti come un parto cesareo o un'isterectomia.Mi sono posta tante volte la domanda: qual è il limite tra il rispetto delle regole culturali e l'etica medica? Perché a volte è davvero difficile da definire e da accettare. Ma alla fine imparare a essere diplomatici e comprendere più profondamente le dinamiche culturali è fondamentale per guadagnarsi la fiducia dei pazienti e della comunità, senza ovviamente perdere di vista i principi etici che ci guidano nel nostro lavoro. Ho imparato molto in questa prima missione e sono estremamente grata dei mesi passati in Pakistan, dove ho potuto mettermi in discussione come chirurgo, come donna e come persona.Grazie, quindi, al Pakistan e ovviamente grazie a MSF. Spero sia stata la prima di molte altre missioni!Silvia, chirurgo11/01/2011www.medicisenzafrontiere.it