RACCONTI & OPINIONI

Schegge di un Paese sporco che puzza dalla testa, quei poteri che dovrebbero essere esempio di civilità sono marci


Meno omicidi. Crescono quelli in famigliaNon solo scippi, furti di veicoli e furti nelle abitazioni. Dall'inizio degli anni Novanta in Italia anche gli omicidi sono notevolmente diminuiti: tra questi, l'unica tipologia che ha visto un incremento nell'ultimo ventennio è quella degli omicidi che si consumano in famiglia. Nel 2007, in particolare, nel nostro paese sono stati commessi circa 10 omicidi volontari per milione di abitanti. Nel contesto europeo, così, l'Italia si colloca ben al di sotto della media dei paesi dell'Unione dove, nel 2007, sono stati commessi mediamente 13,7 omicidi per milione di abitanti contro gli 11,5 del nostro paese. Sanità, spendiamo meno di Francia e GermaniaIn Italia la spesa sanitaria pubblica è più bassa rispetto a quella di altri paesi come Francia e Germania, mentre le famiglie contribuiscono con proprie risorse alla spesa sanitaria complessiva per una quota pari al 21,3 per cento. L'Italia è anche, tra i paesi Ue, quello con il maggior numero di medici in strutture sanitarie pubbliche e private: quasi 410 ogni centomila abitanti. La mortalità è causata soprattutto dai tumori (26,6 decessi ogni diecimila abitanti) mentre l'incidenza delle malattie cardiocircolatorie è tra le più basse d'Europa. Nel 2009, i fumatori rappresentano il 23% della popolazione, i consumatori di alcol a rischio il 16,1%, le persone obese il 10,3%Asili nido, troppo pochi specie al SudGli asili nido, questi sconosciuti. Solo il 44% ne disponeva nel 2006 (+5% rispetto al 2004). La carenza si sente soprattutto al Sud, dove solo un comune su quattro ne ha attivo almeno uno. Nel 2006 in media la copertura nel Centro-Nord era del 52,7%, mentre nel Mezzogiorno il dato scende bruscamente al 25,1%. Guardando la cartina dell'Italia si scopre che nel 2006, soltanto in provincia di Bolzano i servizi per l'infanzia sono reperibili in tutti i comuni. Al contrario, in Molise e Calabria la copertura si ferma rispettivamente al 2,2% e all'8,1%. Va decisamente meglio in Campania, con il 39% dei comuni dotati di questi servizi.Il 50 per cento ha solo la licenza media inferioreIl 47,2% della popolazione in età compresa tra i 25 e i 64 anni ha conseguito come titolo di studio più elevato soltanto la licenza di scuola media inferiore, valore che - nel contesto europeo - colloca il nostro Paese molto distante dalla media Ue27 (27,9 per cento nel 2009). Peggio di noi fanno solo Spagna, Malta, Portogallo. Quanto invece alla quota di giovani (18-24enni) che ha abbandonato gli studi senza conseguire un titolo superiore, questa è pari al 19,2% (media Ue 14,4 per cento nel 2009). Nell'anno scolastico 2007/08, il 12,3% degli iscritti al primo anno e il 3,5% degli studenti del secondo anno delle scuole superiori abbandonano il percorso di studi prescelto senza completare l'obbligo formativo. Il 19% dei 30-34enni ha conseguito un titolo di studio universitario (o equivalente), quota cresciuta di 3,3 punti percentuali tra il 2004 e il 2009, ancora lontano dall'obiettivo del 40% fissato da "Europa 2020". Gli adulti impegnati in attività formative, un elemento considerato cruciale nella lotta contro l'esclusione sociale, sono il 6% del totale nel 2009, meno della metà rispetto al livello obiettivo da perseguire entro il 2010 secondo la strategia di Lisbona (12,5 per cento).Quasi 8 milioni di poveri, in testa il Mezzogiorno Nel 2009, le famiglie italiane in condizioni di povertà relativa sono il 10,8 per cento di quelle residenti. Si tratta di 7,8 milioni di individui poveri, il 13,1 per cento della popolazione residente. La povertà assoluta coinvolge il 4,7 per cento delle famiglie, per un totale di 3,1 milioni di individui. Nel 2008, circa il 61 per cento delle famiglie residenti in Italia ha conseguito un reddito netto inferiore a quello medio (29.606 euro, circa 2.467 euro al mese). La distribuzione più diseguale si rileva in Sicilia, Campania, Lazio e Molise. Il panorama regionale, sottolinea l'Istat, «mette in evidenza il forte svantaggio dell'Italia meridionale e insulare, con valori più che doppi rispetto alla media nazionale».