RACCONTI & OPINIONI

I docenti nei CPT dell'associazione "non essere complici" a sostegno del quotidiano Liberazione


«La nostra battaglia per non essere complici» Ore 20, di un giorno feriale qualsiasi. Torino. Antonello ed Ennio sono ancora al lavoro, in un Ctp (Centro territoriale permanente). Il loro istituto è pieno, sono almeno 1.400 i cittadini immigrati che lo frequentano: «Siamo 10 insegnanti di cui uno precario, abbiamo già subito un taglio dei finanziamenti pubblici del 40% e siamo sotto organico. Chi si rivolge a noi lo fa perché è desideroso di imparare la lingua e la cultura italiana, vogliono poter diventare cittadini a tutti gli effetti ed aspirano ad un miglioramento delle proprie condizioni di vita. Il ministero della pubblica istruzione risponde con i tagli, alla stessa maniera il ministero dell'interno ha ridotto le risorse per le prefetture - racconta Antonello - I contratti per i lavoratori interinali che stavano agli sportelli unici non sono stati rinnovati, le pratiche di richiesta e di rinnovo di soggiorno si accumulano nell'indifferenza. Aumenta la domanda di servizi e diminuisce la possibilità di erogarli». Nel frattempo, lo stesso ministero stanzia cifre esorbitanti, milioni di euro, per degli assurdi test di italiano necessari per ottenere o mantenere il permesso di soggiorno. «L'Unione Europea - continua Antonello - che nel suo complesso non ha mai definito una politica univoca in materia, chiede però agli Stati membri di provvedere a percorsi di integrazione, non solo linguistica, che realizzino momenti di socialità condivisa, che permettano alle donne e agli uomini venuti in Europa di costruirsi percorsi di realizzazione. L'Italia propone invece un utilizzo selettivo di tali richieste. Chi ha gli strumenti passa, chi non li ha viene ricacciato nella clandestinità. In questa maniera si svilisce il concetto stesso di cittadinanza, si negano i diritti a partire dalla Convenzione di Ginevra. Io non faccio politica ma credo che questo atteggiamento sia un po' schizofrenico. Da una parte si realizzano sanatorie e decreti flussi per obbedire alle esigenze del mercato del lavoro; dall'altra non si forniscono gli strumenti, necessari a restare con dignità». Antonello ed Ennio sono fra gli animatori del gruppo "Per non essere complici", docenti dei Ctp che hanno ricevuto adesioni politiche, associative e individuali da tutto il Paese. Secondo Ennio la circolare che istituisce i test di lingua, come spartiacque per accedere al permesso, penalizzerà soprattutto i più poveri, quelli con una formazione più bassa nel paese di origine. «Sarà un ostacolo per le "badanti" visto il proprio orario di lavoro e, almeno a Torino ma credo in tutte le grandi città, nell'edilizia. Servirebbe che potessero usufruire invece di un monte ore utile a costruire un momento di formazione e autoformazione, tra l'altro parliamo di lavoratrici e lavoratori che sono presenti in Italia da anni, che pagano le tasse e mandano i propri figli regolarmente a scuola. Solo a Torino per mettere in piedi questi test di conoscenza della lingua (in termini tecnici di livello A2) hanno speso 500.000 euro che potevano essere meglio utilizzati. Comunque si percepisce bene come la responsabilità di una carenza progettuale di politiche congiunte anche a livello Ue si scarica, alla fine sul migrante». Ennio individua anche un secondo ordine di problemi che si innesta su questa aberrazione: molti docenti precari che grazie ai tagli all'istruzione non potranno insegnare potrebbero fare domanda per andare a fare gli esami ai cittadini. «Si guadagnerebbero qualche centinaia di euro dal ministero dell'interno ma non risolverebbero nulla. Chiediamo a loro invece di lottare perché possano poter tornare ad insegnare nella scuola pubblica». Secondo Ennio e Antonello il test di lingua è stato affrontato dai mezzi di informazione solo in maniera tecnica e a volte folkloristica. «Invece andava spiegato il suo carattere di classe - interviene Ennio - serve a tranquillizzare, in maniera inefficace, gli italiani ottenebrati dalla paura. Serve a far credere che attraverso il test terremo in Italia gli "immigrati buoni e utili" e cacceremo quelli che danno fastidio. Per questo riteniamo giusto indignarci e per questo ci spaventa ancora di più il segnale che emerge. Quello di un pensiero unico e discriminatorio che riporta ai periodi bui della nostra storia passata. L'indignazione, il non voler obbedire che è insito nel nome che ci siamo dati è proprio legato al fatto che non vogliamo accettare questa logica e questo destino». Da Ennio e Antonello arriva anche solidarietà per strumenti di informazione come Liberazione. «Vediamo che la politica è fatta quasi esclusivamente di propaganda e populismo. Non solo come insegnanti ma anche come cittadini non possiamo che provare ancora indignazione. Se vi impediscono di continuare a uscire vanno a prosciugare le fonti d'acqua che mantengono le persone vive e che permettono di ragionare». Antonello entra nella specificità delle questioni di cui si occupa: «Voi cercate di ragionare su cosa succede nella complessa realtà migratoria. Dovrebbero farlo in molti perché questo significa poter riflettere su cosa succede tutte le mattine uscendo di casa o anche nel nostro condominio. Invece sembra predominare il bisogno di addormentare le coscienze e impedire la convivenza civile. Eppure si tratta di qualcosa che è possibile avere, si guardi l'esempio del Canada dove si considera questo un investimento anche di carattere economico e si considerano le persone che arrivano come risorse, non solo lavorative ma sociali e culturali».Per Ennio la carenza di informazioni è un problema: «In gran parte dello spazio informativo le persone parlano senza conoscere realmente le questioni di cui trattano. Intorno chi non ha voce resta in silenzio. Venerdì sera facciamo una assemblea per vedere come continuare il nostro percorso, abbiamo avuto adesioni da alcune forze della sinistra in Piemonte e ci stanno contattando per aderire da tutta Italia ("pernonesserecomplici@libero.it") ma abbiamo bisogno del sostegno dei gruppi consiliari e regionali dei partiti più sensibili e dell'impegno dei sindacati affinché non si lascino coinvolgere da battaglie corporative per gestire gli esami. La grande stampa sembra ignorare questi problemi, almeno chi la pensa come voi ci dia voce». Stefano Galieni20/01/2011