RACCONTI & OPINIONI

La richiesta è una sola: «Sciopero generale» per iniziare a fermare i malfattori del governo e i loro complici


Quella voglia di futuro  Anche se i media preferiscono ancora il gossip su Berlusconi, tra ieri è oggi è successo qualcosa in Italia. E questo qualcosa non è racchiudibile nell’acronimo Fiom (Federazione impiegati operai metalmeccanici). E non si può racchiudere nemmeno in un concetto. In questi due giorni è stato un po’ come vivere nella “macchina-tempo”. Una macchina-tempo che sembra tornare in dietro ma guarda al futuro. C’è di nuovo un sindacato che sta provando a dare sfogo al conflitto di classe. Ancora non si sa bene cosa rappresenti, ma è meglio così. E’ un sindacato che riparte dalle radici ma che ha ben presente che le radici sono fatte per crescere. Ha fattola scommessa, ed ha vinto. Ieri a Bologna ne ha mobilitati 50mila. Oggi è successa più o meno la stessa cosa a Torino, e qualcosa di più a Milano. E’ un sindacato che sta lavorando sopra le sue forze, ma che sta realizzando qualcosa che ha un valore inestimabile, l’unità di classe. Inanzitutto, ha portato in piazza i giovani, e non solo quelli delle scuole o dei centri sociali. Ha portato in piazza i lavoratori giovani, quelli che non solo non sapevano cosa fosse un sindacato, ma che l’associavano inevitabilmente al solito teatrino della “politica”. E’ un pezzo di sindacato che già si era visto in occasione dei primi accordi separati nel settore metalmeccanico. Poi ha sensibilizzato i migranti, che non è poca cosa. Ha fatto capire loro che non c’è una nazione e una religione da difendere quando in ballo ci sono i diritti del lavoro. La Fiom ha portato in piazza una cosa di inestimabile valore, la credibilità del sindacato. La gente è tornata ad applaudire dalle finestre. In strada, molti si fermavano sui marciapiedi ad osservare. Infine, ha spiazzato le confederazioni, che più o meno tutte e a vario titolo volevano la sua fine, con una prova di “esistenza in vita” senza precedenti. L’evidenza di questo nuovo protagonismo è venuta fuori direttamente dai comizi. Il confronto con gli oratori della Cgil è stato inevitabile. I discorsi tenuti dai dirigenti della Fiom hanno disegnato un futuro, quelli dei dirigenti Cgil un grigio ripiegamento sul presente. Non c'è il confronto tra due strategia, ma tra una strategia e un "tirare a campare". Il punto non sono i fischi per la mancata proclamazione dello sciopero. Se continua così, infatti, lo sciopero generale i lavoratori finiranno per strapparlo davvero. La differenza è stata sui contenuti. In un momento di crisi così acuta in cui la responsabilità non è solo del Governo, come dice la Cgil che ha puntato tutto sulla crisi politica della maggioranza, ma anche delle imprese che intendono superarla attaccando frontalmente i diritti. La Cgil non sa fare altro che ostentare il suo mutismo, appunto. Il punto, per la Fiom, invece, non è difendere ciò che è passato ma traguardare un futuro meno peggio di quello che ci viene imposto dal modello Marchionne. Non a caso, come ha ricordato Cesare Romiti, l’obiettivo dell’amministratore delegato della Fiat è la fine della stessa possibilità di avere un sindacato. La miscela tra federalismo e aziendalismo nei luoghi di lavoro potrebbe essere esplosiva. Sarà questo il modo più degno di celebrare i 150 anni della cosiddetta unità d’Italia? Se non fermiamo l’attacco ai diritti, cosa cambia se ci sarà o no un altro Governo? Fabio Sebastiani28-01-2011Leggi www.controlacrisi.org