RACCONTI & OPINIONI

Maria Bonafede, moderatora della Tavola Valdese, a sostegno del quotidiano Liberazione


«Vent'anni di questa tv ci hanno trasformato» Maria Bonafede, moderatora della Tavola Valdese in Italia, è fra le numerose firmatarie di un appello di donne indignate che non solo chiedono le dimissioni del presidente del consiglio ma pongono l'attenzione sul livello di violenza, degrado e mercificazione portate alla dignità femminile: «Ho aderito con convinzione - spiega - anche se penso che questo sia solo il minimo necessario. Sono preoccupata da quanto questo degrado sia stato interiorizzato dalle stesse donne, soprattutto le più giovani che sembrano non rendersene conto. L'idea che ci sia una via più facile per guadagnare e che passa anche per il vendere se stesse è divenuto un disvalore dominante. Risalire la china sarà dura, a mio avviso è necessario un profondo ripensamento dei valori. Ripristinare l'idea che una persona vada considerata per ciò che pensa, per le cose in cui crede. Vendere il proprio corpo è considerato una normale possibilità per accedere a certi standard di vita, un passaggio così pervasivo da essere considerato accettabile come modello da trasmettere di madre in figlia. Venti anni di questa tv ha fatto sì che molti siano cresciuti senza avere altri elementi culturali di riferimento, per cui oltre che aderire ad un appello bisogna ricominciare ad agire nella scuola, nella società, lavorare per ricostruire una coscienza diversa. In questo quadro un gioco importante può averlo l'informazione. Anche se si legge poco è importante che esistano quotidiani come Liberazione o anche trasmissioni televisive capaci di dare l'idea di una pluralità di vedute, di punti di vista diversi. Servono a costruire luoghi di maturazione diversi che non vanno persi». Maria Bonafede parla con profondo fastidio di come, soprattutto in certi talk show, si gestisca l'informazione e il dibattito politico: «Si tratta di veri e propri scontri che nulla hanno di dialettico. Ci si insulta e si tenta di eliminare l'avversario per portare a casa un punto e di fare audience. Dibattiti fine a se stessi che non c'entrano nulla con un modo di vivere civile. Il presidente del consiglio ormai comunica solo con i videomessaggi. Un modo di fare che ricorda, in peggio, le dittature latino americane degli anni Settanta, che noi dovremmo considerare aberranti, non degne della nostra storia e della nostra tradizione di diritto. Ma forse dovremmo piantarla di stupirci, questo siamo. I ragazzi sono intasati da questi disvalori. Chi prova a contrastare è accusato di essere "moralista", in realtà si tratta solo di voler definire un patto comune che offra qualcosa alla società civile. Queste cose dobbiamo riprendere a dirle e a farle». Nelle sue riflessioni Maria Bonafede non lesina critiche all'assenza della politica da questo contesto, anche delle forze della sinistra: «Molti continuano a parlare male di Berlusconi senza essere capaci di dire qualcosa di diverso. Io non sento dal Pd una proposta seria, sento che bisognerebbe parlare di "lavoro", "precarietà", "fisco" ma è un "bisognerebbe" che si ferma li. Si rimestano le stesse cose ma non si dice cosa di vuole fare. La vicenda Fiat è un esempio. Non ho sentito il Pd mobilitato. Ha taciuto e a volte, quando ha parlato, ha detto cose terribili. Secondo me ha perso una occasione buona per marcare una propria differenza. Voi e le altre forze politiche della sinistra, le voci di comunicazione di cui siete dotati, siete ancora piccoli, non bucate che raramente la tv, i talk show o internet. Liberazione si è spesa ma come farlo in maniera più ampia se non si sa neanche fino a quando si potrà andare in edicola?». La chiesa valdese ha aperto in alcune sue sedi, dal 25 gennaio a Roma a P.zza Cavour, uno sportello per il testamento biologico, un tema che nel dibattito politico è oggi rimosso ma che investe la vita di tutti: «Non ci aspettavamo molta rilevanza dai giornali e dalle tv - tiene a precisare questa donna che attualmente è a capo dei valdesi - Eppure da noi, ogni mercoledì pomeriggio, vengono molte persone. Dopo la vicenda di Eluana Englaro le cose non stanno più come prima e non si possono più eludere le volontà delle persone. Depositare le proprie volontà, davanti ad un legale, con la garanzia di una persona vicina, un fiduciario che sia parente, coniuge o convivente, che possa vigilare sul rispetto di tali decisioni è considerato importante. La vita è una cosa preziosa, ci può sorprendere purtroppo in qualsiasi momento e la volontà di "fine vita" è sentita come importante. Le persone da questo punto di vista si sentono molto sganciate dalle imposizioni della gerarchia cattolica che tende a frenare. Sono abituate a pensare con la propria testa e ormai non prendono più ordini né per quanto riguarda la propria camera da letto né per un momento fondamentale come la morte». Su questi come su altri temi la chiesa valdese e nel complesso la Federazione delle chiese evangeliche, è da anni molto netta. Basti pensare al coraggio con cui da sempre è in prima linea nel denunciare il razzismo imperante: «Lo facciamo da tanti anni, siamo convinti dell'importanza che gli uomini e le donne immigrati abbiano garantito il diritto al lavoro, all'esistenza alla luce del sole. E' scontato ma sappiamo tutti che con meno diritti c'è più clandestinità e maggiori rischi di finire esposti a devianza soprattutto indotta. Ma siamo in un paese che non riesce a dare possibilità di regolarizzarsi in fretta, che chiede soldi in continuazione agli immigrati. Col nostro "Servizio migranti" della Federazione, abbiamo incontrato tante persone che vengono da chiese evangeliche nel proprio paese, con cui condividiamo la stessa fede, con culti simili o uguali ai nostri. Persone che non sapevano della nostra esistenza anche in Italia». Maria Bonafede ritorna però a parlare del valore di una informazione plurale garantita: «Dovete preparavi a fare qualsiasi cosa pur di uscire dal silenzio. Dai giornali a diffusione gratuita al lavoro di sensibilizzazione. Va contrastato un impoverimento dell'informazione che è una delle leve di forza per arrivare alla barbarie culturale. Se non ci sono più giornali, anche garantiti con un minimo di finanziamento pubblico, si torna indietro. A me preoccupa come questa possibilità si stia realizzando nel silenzio generale. Eppure ha lo stesso valore del discorso sulle donne su cui ragionavamo prima, non è meno prezioso portare l'attenzione su questi temi». Stefano Galieni 01/02/2011