RACCONTI & OPINIONI

Il rogo di tre anni fa alla Thyssen Krupp di Torino è uno dei nodi per i quali passa la nostra storia recente


Processo Thyssen: le verità di chi tace   La storia del movimento dei lavoratori è la più multiforme delle storie possibili; è una storia solo in parte scritta, fatta di simboli, di ricorrenze, ma anche di oblio, soprattutto di oblio; è una storia fatta di lotte contro il potere e lotte per il potere; è una storia fatta di individualità e collettività; è una storia fatta di conquiste e di sconfitte, di solidarietà e di concorrenza; è una storia fatta di ripetizioni e innovazioni, tutte nel segno dell'incessante ricerca, cosciente o meno che sia, di una soluzione alla realtà dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo La storia del movimento dei lavoratori è una storia gloriosa, ma anche drammatica. Il rogo di tre anni fa alla Thyssen Krupp di Torino è uno dei nodi per i quali passa questa storia; l’incendio e l’esplosione nella sede torinese della multinazionale causarono la morte di sette operai impegnati nel turno di notte, a cui è seguito un processo nel quale ai dirigenti della Thyssen Krupp e alla stessa società sono stati contestati i reati di omicidio volontario con dolo eventuale, omicidio colposo con colpa cosciente, omissione dolosa di cautele e illecito amministrativo Fin qui il processo. Qualche esponente politico però ha sentito il bisogno, in teoria nell'interesse del nostro territorio e della giustizia, di prendere posizione quando, a questi reati, sono seguite le richieste di condanna, che prevedono per i dirigenti fino a sedici anni di carcere e per la società il pagamento di un milione e mezzo di euro, la revoca dei contributi e dei finanziamenti pubblici, il divieto di pubblicizzare i propri prodotti e le proprie attività, nonché la pubblicazione della sentenza su grandi quotidiani. Gli esponenti politici locali della PdL, fra i quali ricordiamo il capogruppo regionale Nevi, il consigliere regionale De Sio, il consigliere comunale Salvati, hanno subito protestato contro le “abnormi” richieste di condanna e contro le pene a carico della società, che rischiano di comprometterne la solidità economica e quindi la stessa sopravvivenza del polo siderurgico ternano; per questo motivo sono state annunciate iniziative pubbliche per sensibilizzare la cittadinanza su tale pericolo. A questo coro stonato si è unito il presidente della confindustria provinciale e regionale Umbro Bernardini e, più recentemente e con contenuti diversi, il Sindaco di Terni Leopoldo di Girolamo. Sorge spontanea una domanda: hanno per caso qualche notizia di prima mano, visto che l'azienda non si è pronunciata a proposito di eventuali ripercussioni su Terni ? Tuttavia la questione non può essere liquidata con la richiesta di informazioni che, evidentemente, non esistono. La questione infatti non è economica e non è solo giuridica. È politica. In primo luogo è evidente, una volta di più, che per i padroni le vite dei lavoratori contano nella misura in cui servono al processo produttivo. Se dunque l'azienda rischia di ricevere un danno economico, come nel caso del processo di Torino, deve prevalere un “interesse superiore” a far dimenticare la violazione di elementari norme di sicurezza, gli straordinari coatti, gli organici ridotti all'osso; come se i costi del processo siano da considerarsi una spesa da imputare ai lavoratori e non alla condotta aziendale ! In secondo luogo il processo di Torino, imputando l'accusa di omicidio volontario con dolo eventuale, introduce un elemento di novità in tema di morti bianche assolutamente imprescindibile, che potrebbe indurre a rivedere la legislazione in materia al fine di inserire anche l'omicidio volontario – al momento contestabile solo alle persone fisiche - fra le ipotesi di reato imputabili alle società; tale richiesta non può e non deve rappresentare una minaccia né per i lavoratori ternani, né per quelli di altri territori. Perché “lor signori” non parlano piuttosto di questo? Si ha l'accusa di dolo eventuale quando viene messa in conto, da parte dell'imputato, la concreta possibilità del verificarsi di un evento lesivo: perché non ci spiegano come mai secondo loro la decisione di risparmiare sulle spese necessarie per dotare lo stabilimento di Torino di impianti di rilevazione e spegnimento di incendi non sia da considerarsi, qualora venga confermata, un omicidio volontario con dolo eventuale? In terzo e ultimo luogo le pene economiche previste, se diverranno definitive, potrebbero rappresentare un fattore di dissuasione contro i troppi risparmi fatti sulla pelle dei lavoratori. Si andrebbe a costituire in questo modo un vero e proprio deterrente, di cui si sentiva da tempo l'esigenza e che dovrebbe servire, secondo noi, da elemento qualificante di ogni futura erogazione di incentivi o di contributi a soggetti privati; l'obbligo, pena la restituzione dei finanziamenti ricevuti, di rispettare la normativa in tema di sicurezza sul lavoro. O forse la sicurezza è un lusso che non possiamo permetterci, come improvvidamente sostenuto non molto tempo fa dal Ministro dell'Economia Giulio Tremonti ? Contrariamente a quanto ritengono in particolare i consiglieri della PdL umbra, il venir meno della giustizia e delle garanzie costituzionali si avrebbe proprio nel momento in cui divenisse impossibile sanzionare e condannare i potenti di turno, cosa che sappiamo bene essere l'auspicio della destra italiana e in ultimo il significato nascosto della tanto agognata “unità d'intenti” fra lavoratori e padroni, che si vorrebbe costituire, complici i sindacati fiduciari del governo, sulle ceneri del contratto collettivo nazionale. Insieme al diritto dei famigliari ad avere giustizia per il processo di Torino passa anche tutto questo.  Damiano Stufara Capogruppo Rifondazione Comunista-FdS Consiglio Regionale dell'Umbria28/02/2011