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Post n°7399 pubblicato il 12 Febbraio 2013 da cile54
Ancora sul “voto utile" “Se Berlusconi non ci fosse bisognerebbe inventarlo”. Questa battuta, variante colta del più esilarante “Meno male che Silvio c’è”, sentita dieci cento mille volte in bocca ai cortigiani del cavaliere, appartiene in realtà anche ai pensieri profondi e più inconfessabili dell’establishment del Pd. Che sulla paura di un ritorno del “caimano” vorrebbe costruire le proprie fortune elettorali. L’imbroglio del “voto utile”, in definitiva, si riduce precisamente a questo: calamitare i voti che in tutta libertà al Pd non andrebbero, se non per il comprensibile raccapriccio (più estetico che politico) di tanta gente che prova per il dittatore di Arcore una giustificata ripulsa. Evocare quello spettro, propalare ai quattro venti sondaggi che rendono plausibile un sorpasso del Pdl sul filo di lana, serve al Pd (almeno questo esso crede) a lucrare una rendita elettorale che altrimenti non riscuoterebbe per virtù proprie, cioè in ragione della bontà del proprio programma politico, bensì soltanto per scansare il male ritenuto maggiore. Berlusconi, patetico emulo del barone di Munchhausen, cerca disperatamente di sollevarsi da terra afferrandosi per i capelli: ne inventa una al giorno, ma è chiaro che non ha più filo da tessere, che i suoi fuochi pirotecnici incantano sempre meno e che nella rete non resteranno più i pesci di un tempo. Per questo le probabilità che il trucco degli strateghi del Pd possa avere successo ancora una volta è altamente improbabile. Eppure, non di meno, viene tentato. Perché? Perché consente un altro numero da prestigiatore. Quello di sfilare dal tavolo i temi reali che dovrebbero tener banco: la crisi, le condizioni di vita e di lavoro delle persone, l’ingiustizia crescente e le intollerabili diseguaglianze, l’esistenza grama e senza speranza dei giovani; per non dire delle proposte per disincagliare il Paese dalla recessione e dal rischio di una definitiva decadenza, economica e sociale. Queste cose, i cosiddetti “contenuti”, che dovrebbero fare la differenza fra un progetto politico e un altro e orientare su queste basi le scelte degli elettori, passano in cavalleria. Così il Pd può fare dimenticare di essere stato per un anno intero il principale supporter di Monti e di voler tornare a governare con lui nella prossima legislatura; così al Pd diventa possibile rimuovere dall’immaginario collettivo tutte le scorie tossiche somministrate al Paese insieme all’uomo della Trilateral (dalla devastazione delle pensioni alla cancellazione dell’articolo 18, dai tagli alla sanità al sacco della scuola e dell’università, dal fiscal compact all’Imu). Risulta francamente difficile comprendere quale utilità possa esservi in un voto consegnato a chi si propone di continuare quella politica, perversamente chiamata di “riforme”. Quanto a Vendola, l’alleato (con pochi “ma” e nessun “se”) di Bersani, c’è davvero poco da dire. La sola “poliza assicurativa” che egli offre è la delimitazione politica a sinistra; non certo verso Monti, che al momento giusto farà volare con un soffio la casetta di frasche dei Democratici e dei Progressisti, come fece il lupo cattivo con il più imprevidente dei tre porcellini. Il carro sul quale Sel è saltata potrà certo garantirle un plotoncino di parlamentari, in numero persino superiore al suo peso elettorale quando, grazie al Porcellum, il Centrosinistra vincerà le elezioni. Ma resterà un ostaggio del Pd, di Monti e delle loro politiche liberiste. Per questo chi, a sinistra, vuole provarci sul serio, non ha a disposizione scorciatoie. C’è una strada sola da intraprendere, lunga e difficile, ma chiara. Quella aperta da Rivoluzione civile. Che nasce, ancor fragile, a ridosso di una campagna elettorale, ma può (deve) diventare il primo mattone di una politica antiliberista quale nessuna altra forza politica propugna in Italia. Il resto, se sapremo lavorare bene, verrà. Dino Greco Direttore di Liberazione.it 11/02/2013 www.liberazione.it |
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Roma, 12 maggio 1977
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