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« Non c'è strage in Itali...Lettera di una mamma di ... »

L'antipolitica avanza e distrugge l'intelligenza. Vedi Grillo con i suoi urli "al popolo" tanto graditi ai poteri

Post n°6250 pubblicato il 18 Aprile 2012 da cile54

Dal recupero del senso civico alla sconfitta del qualunquismo

 

Questo nostro Paese è ormai una società diseducata al civismo, priva di qualunque forma di legame tra le istituzioni repubblicane e l’insieme della popolazione più o meno attenta a quello che le accade intorno e alle dinamiche che si sviluppano a partire dalle trame economiche per finire sui banchi di Palazzo Chigi dove queste esigenze del mercato trovano la loro certificazione legale mediante le riforme del lavoro che Mario Monti ed Elsa Fornero vogliono far passare senza modifica alcuna.

Esiste una fibrillazione coronarica, di un cuore complessivo che batte ancora in molte persone che sentono l’espropriazione di diritti e l’aumentare del peso dei privilegi in seno ad una classe sociale di ricchi padroni e di poteri cosiddetti “forti” dove comunque regna il disagio e la scontentezza per via dell’eccessiva prudenza – a detta della signora Marcegaglia – nel voler trattare la flessibilità in uscita dopo aver trattato, negli anni passati, con grande pena per i lavoratori e le lavoratrici quella in entrata.

La fibrillazione, dunque, esiste e si fa sentire ogni volta che il sindacato, o parti di esso, si muovono per contestare un impianto di ristrutturazione capitalistica che colpisce i più deboli e consegna più forza ai già troppo forti grazie ai tanti aiuti di Stato avuti nei decenni passati.

Ma questo sommovimento cardiaco dell’operaismo, che non è affatto residuale come invece si affrettano a sottolineare sempre i pseudo-teorici di un nuovo keynesismo (e magari lo fosse davvero…) o i paladini del liberismo temperato come Pietro Ichino, e dell’insieme di un mondo del lavoro precarizzato, parcellizato e reso veramente atomico nella sua scissione continua tra livelli e tra mille forme contrattuali lontane anni luce dalla splendida teoria del “posto fisso”, questo sommovimento non ha una connessione tale da riuscire a produrre lotte efficaci.

E’ inquinato dal qualunquismo e dalla sfiducia di grandissima parte della cittadinanza che vede nei partiti politici ciò che le è stato fatto vedere dai fautori dell’annichilimento della forma stessa dell’aggregazione politica costituzionalmente prevista, e che vede nei partiti soprattutto ciò che emerge: corruzione, ambizione, individualismo, egocentrismo e carrierismo all’ennesima potenza.

Degli interessi sociali e della vera rappresentanza data dalla delega dei cittadini si rischia di smarrire completamente l’asse portante e di rimanere con in mano nemmeno più un pugno di mosche.

Tutto questo fa deperire la democrazia repubblicana e fa crescere l’indifferentismo, la incapacità e la non voglia a differenziare tra caso e caso, tra partito e partito, tra situazione e situazione. Si sprofonda nella faciloneria del qualunquismo e si plaude e si ride davanti al comico-politico che urla “basta partiti” e che fa un partito per dire no a quelli esistenti e che, in spregio alle regole dell’esercizio stesso della democrazia, rifiuta il finanziamento pubblico come elemento di chiarezza, di cristallina evidenza della propria verginità in tema di interessi privati in affari pubblici.

L’applauso popolare diventa sempre più scrosciante e salgono le percentuali di quelle cinque stelle che, lo ripeto, non ne valgono nemmeno una per quel che ne viene fuori dalla bocca del suo fondatore e che, in larga parte in buona fede, attraggono ed esorcizzano le paure, la sfiducia e il declino di stima della popolazione per la comunità politica che può e deve cambiare la società italiana e il Paese.

Basterebbe ricordarsi che non viviamo in una politica di plastica, proprio perché la politica è affare quotidiano che riguarda tutto ciò che ci circonda e che influenza le nostre vite in ogni dove, in ogni come e in ogni tempo. Non si sfugge a questa complessità, a questo unicismo, a questa simbiosi tra individuo e “polis”, tra res publica e vita privata.

Ma il difetto più evidente che emerge dalla storia dell’Italia moderna è la immaturità politica e sociale che era venuta meno subito dopo la Seconda guerra mondiale quando proprio i grandi partiti avevano creato dei modi di vita e di interpretazione della felicità stessa su sponde differenti: l’alternativa anticapitalista da un lato e la conservazione del sistema dall’altro. Ma il tutto dentro rigorose regole democratiche che sono state, successivamente, tradite proprio dall’inizio dei giochi di potere.

Il potere è forse l’elemento più corruttibile della vita di un individuo: è quello più soggetto a cambiamenti, anche repentini. Il senatore Di Gregorio ne è un esempio lampante, a detta dei magistrati… Non c’è forza politica che abbia avuto un rapporto con il potere così sereno da uscire indenne dalle sue stanze, senza vizi private coperti da pubbliche virtù.

Ma l’operazione revisionistica dei qualunquisti come Beppe Grillo sta proprio nel mostrare l’omogeneità dove non c’è e nel convincere le persone che è meglio un “vaffanculo” piuttosto che una analisi sociale di ciò che ci avviene intorno, di ciò che ci succede e soprattutto di ciò che non capiamo.

Si vuole fare una riforma seria, veramente rivoluzionaria? Riconfermo che partire dalla legge elettorale è un punto importante e che il proporzionalismo puro sarebbe devastante per questo corpo politico incancrenito e incapace di risollevarsi con le sue forze ormai decrepite. Ma è altrettanto vero e incontestabile che la sola riforma elettorale sarebbe una toppa su un buco, una precaria misura di superamento temporaneo di determinate difficoltà. E di precarietà ce n’è già troppa.

Per cui è necessario disimparare senza dimentare: è necessario farla finita con il leaderismo e lasciare che, se ci saranno persone capaci di attrarre del consenso, questo avvenga anche per il loro personale carisma, ma che si fondi essenzialmente su una visione della società e su un recuperato senso della dignità civica di ciascuno di noi. Come degli attori su un palcoscenico, dove si può anche recitare a soggetto ma dove ciascuno mantiene fede al canovaccio, altrimenti salta la commedia.

Sarebbe sufficiente questo per recuperare il senso civico e per allontanare le tentazioni qualunquistiche dal nostro ventre e far tornare a ragionare la mente. Per capire, con profondità, le differenze. Tutte le differenze. Che sono sempre valore e mai un disonore o una sciagura che ci capita tra capo e collo.

 

Marco Sferini

17/4/2012 www.lanternerosse.it

 

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