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Roberto Saviano contro la Lega Nord: ecco cosa scrive di Bossi e dei padani

Post n°27 pubblicato il 11 Maggio 2010 da leganord.ballabio
 

 Dal sito ufficiale di Roberto Saviano  www.robertosaviano.it  (sezione articoli, nazione indiana).

Un sogno leghista.
di Roberto Saviano

(Articolo pubblicato a titolo di puro conributo al dibattito politico, visto che l'autore tira in ballo il nostro Movimento)

“Spara, spara!”
“Ma a chi cazzo sparo, è notte, qui è tutto nero.”
“Appunto: spara dove vedi nero, più nero è, più spara! Muoviti che scap­pano, muoviti che li per­diamo, spara.” E io inizio a sparare con un mitra instal­lato a prua della nave. Sparo ai gom­moni, alle zat­tere, ai ragazz­ini che cadono in acqua, sparo alle arrug­gi­nite navi, agli scafi sfas­ciati, alle famiglie maghre­bine, agli uomini nige­ri­ani.
“Sì, spar­ali tutti, dài, fai sparare anche un po’ a me.”

Las­cio spazio al mio supe­ri­ore, inizia a far schiz­zare l’acqua di colpi.
“Via man­gia­tori di lavoro, pros­ti­tute che guadag­nano sui nos­tri piac­eri, spac­cia­tori, usurpa­tori di case, pro­fana­tori di chiese, ori­na­tori di cro­ci­fissi, morite, cani!” Mi guardo in uno spec­chio della nave, ho la divisa dell’Armata Padana della Repub­blica del Nord, l’APRN. Sono un sottuf­fi­ciale. “Agli ordini,” devo rispon­dere.

“A lavo­rare, padano – mi dice il supe­ri­ore – non fare il merid­ionale, spara, spara, o non avrai più lavoro.” Riprendo il mitra, inizio a sparare ai super­stiti, quelli che si sono aggrap­pati agli pneu­matici di sal­vatag­gio. “Spara ai pneu­matici così li fai morire affo­gati, imparano la prossima volta a venire a rubarci il lavoro e il nos­tro benessere! Ladri!”

Li abbi­amo fatti fuori tutti, ci dice il cap­i­tano: “Tre­cento più qualche ragazz­ino. Dovremmo arrivare a tre­cen­totrenta extrau­mani, bel lavoro ragazzi!” Men­tre la nos­tra nave sta tor­nando nel porto nordico, pas­si­amo vicino a alcune spi­agge sicil­iane:
“Spara ai ped­alò, spara ai ped­alò.”

“Ma come – dico – mi sem­brano bag­nanti ital­iani, non posso.” “Spara, cazzo! Questi sono merid­ion­ali, fanno il bagno men­tre al nord lavo­rano, men­tre i nos­tri com­pa­tri­oti sgob­bano in fab­brica, vicino alla pressa, al fianco delle vac­che, spara! Spara al ter­rone che man­gia sul nos­tro sudore!”

Tratatatatata, inzio a sparare con­tro i ped­alò, ne fac­cio fuori dieci.
“Bravo, soldato padano, così imparano questi tur­isti merid­ion­ali a godere alle nos­tre spalle. Bastardi!!” Final­mente appro­di­amo nel porto nordico. Scen­di­amo. Ci sono fes­toni, fuochi d’artificio e migli­aia di com­pa­tri­oti in verde: “Viva l’armata del nord, morte al sud, ai negri, ai mis­er­abili!”

Tutto il nos­tro equipag­gio si avvic­ina alla diri­genza. Ci sono tutti, ma è il ger­arca mag­giore, Umberto Bossi che mi avvic­ina e dice: “A te, suldà del nord, te demo quest’onoreficenza, per­ché più di tutti li suldà del nord hai sfracagnato, sgoz­zato, ammaz­zato i negher, i negri, gli arabi, gli africani, gli albanesi appes­tati che ven­gono qui, rubano, stuprano e pis­ciano vicino alle nos­tre chiese! A te soldato clemente che a dif­ferenza dell’americano hai ucciso il negro quando stava per emi­grare cioè rubare, e non quando stava a casa sua! Questo ti fa onore, per­ché sig­nifica che sei buono e clemente! Evviva il mas­sacra­tore, evviva l’Armata del nord!”

Io tremavo, avrei dovuto dire che ero nato a Napoli, da madre ebrea e padre vesu­viano… Mi avreb­bero impic­cato però. “Eccoti la medaglia, suldà! La medaglia dell’ordine padano del Bram­billa, anon­imo e labo­rioso indus­tri­ale che seppe non con­t­a­m­i­narsi con la cul­tura, con i ter­roni e con i negri. Che ha avuto decine di auto, tre mogli, cinque figli e soprat­tutto non è mai sceso al di sotto di Man­tova!” Bossi mi decorò al val­ore, e lui stesso mi appuntò sul petto la medaglia. “Evviva l’ordine del Bram­billa! Evviva il nord! Evviva il lavoro!” Gri­da­vano tutti, poi la folla entu­si­asta iniziò a lan­cia­rmi in aria. Una, due, tre, quat­tro volte, ma alla quinta persero per stanchezza o ubri­a­catura la presa e finii per terra.

Pro­prio men­tre stavo bat­tendo la testa sul sel­ci­ato, mi sono sveg­liato all’improvviso. Com­ple­ta­mente madido di sudore, la fronte unta, il letto inzup­pato. Era solo un incubo, sono ancora al sud, non ho nes­suna divisa. Ho la bocca amara e la lin­gua incol­lata al palato, dev’esser stata la maledetta impepata di cozze che ho man­giato a Posil­lipo ieri sera. Mi ha alter­ato l’apparato cog­ni­tivo, i polipetti all’insalata si sono incas­to­nati tra la memo­ria ed il ricordo, le alici mar­i­nate hanno tappez­zato il mio sis­tema ner­voso cen­trale. Beh era solo un sogno, meno male. Ho la pan­cia piena d’aria mal­sana. Sta­mat­tina andrò a Sor­rento a farmi un bel bagno meno male che sto a sud…

Appena apro la fines­tra invece, sotto casa mia vedo un marasma di bandiere verdi, di inni, va’ pen­siero. “Roma merda! Forza Etna, Forza Vesu­vio! Fuori i negri dalla Pada­nia! Imam, vi strap­per­emo la barba ric­cia e ve la fic­cher­emo nel culo!” La fac­cia di Maroni sulle magli­ette a sfondo verde, come un Che Gue­vara leghista, i pro­fili affi­an­cati di Bossi, Castelli e Sper­oni sulle bandiere dei grandi maestri padani, in stile Marx, Lenin, Mao. Che suc­cede!? Maledi­zione, anche al sud i leghisti? Cazzo, non è pos­si­bile. C’è una con­trad­dizione di sistema.

Giù vedo anche Ciro, il mio amico sim­pa­tiz­zante anar­chico, incred­i­bile! “Robè, scendi, – mi dice – abbi­amo scop­erto che anche noi siamo nord!” Io non rispondo, sto zitto, con­tinuo ad innaf­fi­armi i piedi del mio sudore gron­dante. “Sì, scendi, man­i­festa, noi siamo i polen­toni dei tunisini, dei maroc­chini, dei libici, dei siri­ani, anche noi pos­si­amo avere l’autonomia, anche noi pos­si­amo sparare a tutti, non siamo più ter­roni, anche noi siamo nord, anche noi siamo ric­chezza, non puzzi­amo più, non puzzi­amo più. Siamo nord, noi, diamo lavoro, noi!”

Scendo giù, sono sicuro che è tutto uno scherzo, invece sento Borghezio che sul palco della piazza di Caiazzo, un minus­colo paesino del caser­tano, sbraita: “Padani d’Italia, uni­amoci, debel­liamo la lin­gua romana! Il lom­bardo, il berga­m­asco, il veneto, dovranno essere le nuove gram­matiche della civiltà della ric­chezza, delle vil­lette, dei val­ori cris­tiani. Amici ter­roni, oggi i padani vi bat­tez­zano con le acque del Po ed i sacri liq­uidi del seg­re­tario Bossi, da oggi voi siete nord della grande malat­tia con­ti­nen­tale chia­mata Africa. Da oggi anche voi lavor­erete venti ore al giorno, vivrete con i fucili den­tro casa e potrete sparare ad ogni albanese e negro del cazzo. Oggi siete a pieno titolo Padani!” E la piazza, urlante iniziò: “Viva il nord, Viva il nord, Viva Verona, Viva Ver­celli, Viva Pon­tida, Berg­amo capitale!”

Torno a casa, m’infilo sotto la doc­cia gel­ida, esco ancora nudo fuori al bal­cone, spero di sveg­liarmi. Invece, ancora bandiere verdi… Spero che tra poco suoni la sveg­lia, l’avevo pro­gram­mata per le dieci e trenta, mi sveg­lierò ed a Sor­rento ci andrò subito. Spero.

ROBERTO SAVIANO

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