ROSSO DI SERA

Il Platano ferito


Svetta maestoso con i suoi trenta metri d’altezza, il più alto fra gli alberi del minuscolo boschetto di fronte alle finestre di casa mia. Il cancro colorato del platano ha scurito in parte la corteccia del tronco, e dei rami… ma forse la malattia è sotto controllo, poiché l’albero si presenta così già da moltissimi anni senza apparenti variazioni di sorta. I frutti maturi del platano oscillano dolcemente sulle più alte cime, appesi al ramo con un sottile peduncolo: si apriranno a primavera, spargendo al suolo i loro semi. I rami sono nudi, neppure una foglia è sfuggita al vento dell’autunno: eppure anche per le foglie di un albero il destino non sempre è uguale. C’è un grosso ramo colpito da un fulmine di un caldo temporale estivo che ora penzola sconsolato tra i rami eretti, tenacemente attaccato con un lembo di corteccia al fusto cui faceva da cima. E le sue foglie, seppur da tempo rinsecchite, sono ancora attaccate al ramo che le ospitava. Perché il vento non è riuscito a staccarle e a portarle via? Forse perché le foglie del ramo colpito da fulmine sono morte quando ancora erano giovani, quando la loro linfa vitale le legava strettamente al ramo e al ciclo della loro vita. Un legame così stretto che neppure il vento può spezzare. La foglia che in autunno si stacca dal ramo, invece, ha concluso la sua esistenza. Con il tempo il picciolo che la teneva legata al ramo si è naturalmente assottigliato, per far sì che il vento, con facilità, possa portarla via.     .