ROSSO DI SERA

La percezione della sensibilità


Usando il blog per parlare prevalentemente a ruota libera dei propri successi e affanni vissuti sul lavoro, nella vita sociale, affettiva e amorosa, è un modo per farsi conoscere, mettendo a nudo la propria sensibilità nelle sue molteplici sfaccettature. A volte il blog diventa una valvola di sfogo ai propri patemi d’animo, un’implicita ricerca di amici disponibili all’ascolto e forse anche alle rassicurazioni. Quando invece gli argomenti del blog sono svariati, oppure monotematici, mostrano un blogger più incline ad ascoltare gli altri piuttosto che a parlare di sé, mostrano una sua maggior padronanza emozionale, ma non è, questa, una superiorità volutamente manifesta. Coltivando il pudore dei propri sentimenti, i suoi post non diventano condivisione di successi e gratificazioni, o di momenti tristi e dolorosi. In entrambi i casi, gli stessi atteggiamenti sono tenuti anche nella vita reale. E qui voglio tirare in ballo la sensibilità, e come essa può essere percepita. È troppo facile, a una prima lettura, considerare sensibile chi scrive esponendo i propri sentimenti, e non particolarmente sensibile chi non si mette in gioco alla stessa maniera, postando argomenti che non lo riguardano personalmente. Mi chiedo: è davvero questa la percezione giusta? La sensibilità di una persona è davvero quantificabile, in modo inconsapevole, sulla base delle lacrime che essa è disposta a mostrare? È davvero meno sensibile chi soffre – e gioisce – ritraendosi nel pudore del silenzio? Ho idea che anche qui si potrebbe ragionare sull’essere e sull’apparire. E penso che non sarebbe sbagliato provare a essere meno sbrigativi e superficiali in alcun tipo di approccio, sia virtuale sia reale, chiedendosi, prima di farsi un’opinione, se non sia piuttosto preferibile tentare di approfondire. .