Potrei dire di come ero felice e persa in quel mio sogno. O di tutte quelle scale consumatesi sotto i miei piedi mentre le salivo di corsa con l’eroismo di una rondine a primavera. Di quella cima assai lontana, ancor più indistinta attraverso le crescenti lacrime di rabbia, .che sembrava un giorno potesse avvicinarsi. Potrei dire delle parole d’amore scrittemi con inchiostro simpatico già scomparse alla prima lettura, avvolte a spirale come un arcano il cui senso si sottrae alla percezione. O dei pensieri da cui l’azzurro era precipitato sospinto dal morso del nero, del loro svuotamento dentro quel nulla che splende di sterilità. O della fragilità tenuta stretta tra le mani, perché non mi frantumasse al suo appuntamento quotidiano. Potrei dire di come mi gridava, dallo scranno del suo imperativo sentenziare: “Io non voglio capire!” Potrei: sì, potrei. Ma occorre un immenso silenzio nel cuore di chi mi volesse ascoltare, perché io possa scavalcare i detriti che mi soffocano l’anima, perché io lo possa dire dolcemente, sì, dolcemente come dolce può essere morire. Per poterlo dire dolcemente, sì, dolcemente, come dolce può essere morire, perché la rosa non punga ancora, ancora, ancora, dove più fa male. (Giulia_live, Confessioni di un'italiana)