ROSSO DI SERA

Il sogno


   Le onde del mare, alla sua destra, cozzavano contro gli scogli la loro rabbiosa bianca schiuma. Su quel piazzale il vento ostile gli schiaffeggiava il viso, ripetutamente, gettando prepotente disordine nei suoi pensieri. E vi era un’ansia tremenda, dentro il suo cuore. La sensazione d’aver perso la fiducia in qualcosa che aveva ritenuto sublime, unico, vero. Una disillusione che gli schiantava il cuore. Per scacciare quel dolore più volte scosse il capo, incredulo, e allora vide i monti alla sua sinistra. Vide che dalle loro cime le nevi immacolate scendevano giù per le valli imbiancando anche le sottostanti colline, raggiungendo i bordi del piazzale. All’improvviso da quella neve gli giunse una voce, un richiamo. Vide avanti a sé una bianca porta che s’apriva, mostrando all’interno una rosata luminescenza. Fece un passo, si avvicinò. La voce, dolcemente, lo chiamava. Un altro passo, un altro ancora. Misteriosamente scordò le sue ansie, cercò ancora di sentire quella voce.  Salì un gradino, un altro ancora. Ora era proprio sulla porta; a ogni istante che passava si sentiva più avvolto dal calore che proveniva da quella stanza. Si fermò a osservare l’interno, e vide che alla fine della stanza s’apriva un’altra porta su un’altra stanza, e allo stesso modo un’altra ancora, e un’altra ancora, e un’altra ancora.  Rimase fermo, smarrito. Tutte quelle porte! Cosa avrebbe potuto trovare, dentro quelle infinite stanze? Come avrebbe potuto tornare indietro, se vi si fosse perso? Lui aveva una chiave sola… per tutta la vita aveva posseduto una sola chiave!     
   Troppe furono le domande che d’improvviso gli affollarono la mente, turbandogli l'animo. Allora fu preso da un inspiegabile sgomento. Si sentì debole; nuovamente si sentì mordere il cuore da quell'amara  disillusione. Si ritrasse; di corsa tornò sui suoi passi, raggiunse il piazzale. Quando fu di nuovo sul treno che lo riportava in città, gli balenò il pensiero d’aver quasi messo piede in un luogo segreto. Quella non era soltanto una casa. Lì, in quel luogo, dimorava un’anima. Essa gli si era mostrata: con le sue porte, già dischiuse per lui in tutte le sue stanze. Se vi fosse entrato - ora lo capiva - gli sarebbe bastata una chiave sola: quella che già possedeva. Se vi fosse entrato, per ascoltare ciò che quell’anima sembrava volergli svelare. E capì che era ormai tardi; che seppure fosse tornato indietro, più non gli sarebbe stato possibile ritrovare nè quella stessa neve nè quella stessa voce. Quando si svegliò da quel sogno, a lungo ci pensò. Ne fece scaturire mille congetture e mille ipotesi. Ma mai arrivò a convincersi, pienamente, se quel giorno era stato più contento d’essersi svegliato, oppure d’aver così vividamente sognato. (Giulia_live)