ROSSO DI SERA

Spontaneità e misura


  Conobbi una persona, già molto tempo fa, e fra noi nacque un’amicizia. Con reciproco piacere ci frequentammo per mesi; io ero affascinata dalla sua cultura, dai suoi modi sicuri, dal suo piglio brillante, arguto, ironico, venato d’allegria. Con me ebbe sempre un atteggiamento corretto, controllato, mai fuori dai limiti di una squisita cortesia. Ma sotto questi suoi pregi si intravvedevano qualità ancor maggiori, come la profondità del pensiero, e un animo buono. Poi partì per un lungo viaggio, e ci perdemmo di vista… ora è tornato, e non è più quello di prima. L’esperienza di quel viaggio l’ha stremato, gli ha incupito i pensieri. Dopo che ci siamo rivisti ho tentato di far riemergere quella sua caratteristica esuberanza di vita, ho tentato di ripristinare quegli appuntamenti che mi erano rimasti così cari… e forse, in parte, sembra che in questo senso qualcosa si stia muovendo. Da parte sua, con fatica, forse; con stanchezza, forse; con un forte senso di disillusione, forse: questa è la mia impressione. E forse io stessa sto sbagliando, quando cerco di riportare questa persona alla sua originaria naturalezza e vitalità, che non era priva di speranza e di ottimismo. Se sbaglio, forse l’errore è nei miei suggerimenti che possono essere troppo velati; è nel frenare la mia spontaneità per timore d’essere troppo invadente. Certo ci vorrebbe, credo, qualcosa che possa scuoterlo dalla sua apatia. Mai come stavolta mi è stato così chiaro quanto - a volte - può rivelarsi difficile essere amici… no, mi correggo: non quant’è difficile esserlo: ma quant’è arduo poterlo esprimere, poterlo far diventare un valido sostegno tentando d'aprire, per farla defluire, un varco nel muro di una sofferenza.  (Giulia_live)