Profondità di campo

Martina


 
  Nell’ultimo sentore dei giardinigià il larice s’addormentava per l’inverno,ma una festa rara esultava e s’incantavasulle cime alte degli abeti. La tua a quelli d’altri bimbi confusain un vociare allegro e smanioso ditutto ciò che pur nuovo manteneva me,«papà vieni!», nel tuo immediato orizzonte.                                        «Vieni, vieni!» ,come accade che al tuo impaziente richiamo,la ferita dell’essere, richiusa un tempo da lacrimenon versate, e da rinuncia a quell’amore vitale,fatta solo per altro stesso amore e gratitudine,sia ancora nei miei giorni a venire,ogni giorno come un altro più corto di quel di ieri? Solo all’eco così,           sensibilmentepenso qui all’anno tuo che si ripete in anni illesi,alla voce tua che mi richiama a quella età,a quanto amore ti ha circondato. Il cielo freddo si richiude intorno alle miespalle, un po’ più curve di quando ancora nonvivevo la somiglianza tua                    struggente e crudele con la madre,ricordata nella nebbia ogni stagione più avvolgente,dove i passi suonano di là, le mani vagano nel nulla:«Vieni qui bambina mia» - sistemandoti la riccia chiomanel cappello - «Ancora un poco,                         e poi torniamo a casa, e sì, ti voglio bene anche domani». Digiland, dedicata, 2011