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...fini la comédie

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L'Uomo del Faro

Post n°188 pubblicato il 24 Novembre 2011 da ofelia770
 

 

E’ con molta emozione che mi accingo ad esordire in questo

 meraviglioso blog.

Voglio ringraziare innanzitutto Liliana per l’ospitalità, per la

 pazienza che ha avuto  per spiegarmi le poche e semplici

 regole  che si devono osservare,

 ma che per una neofita come me hanno rischiato di

 mandarmi in  tilt…!


Grazie alla mia Lilly che mi ha fatto conoscere questo

 mondo nuovo  e bellissimo, grazie ad Alessandro che mi ha

 incoraggiato e mi è  stato vicino in questo esordio, grazie a

 Farfalla con la quale ci  siamo scambiate messaggi e ci

 siamo trovate in perfetta sintonia,

 grazie a Belmoro che mi ha invitato fra i suoi amici, a Enzo

 che ha  elaborato il mio video…grazie a tutti voi che

 componete questa  stupenda famiglia nella quale entro a

 far parte  in punta di piedi  sperando di essere  presto

 considerata un’amica. Grazie a chi  avrà la pazienza di

 leggermi.

In questo post leggerete la prima parte di un racconto. Era

 troppo lungo per postarlo tutto. Spero vi piaccia….e che

 verrete a  leggere anche la seconda parte.

Di me vi posso solo dire una cosa. Credo nell’amicizia vera.

 Amo  scrivere, amo la musica, il mare e il volo dei

 gabbiani.


Per questo esordisco con questo post.

Buona serata a tutti e grazie ancora.

Daniela

 

Faro

 

L'uomo del faro

E' il crepuscolo di una sera d'inverno. Il mare è in tempesta, onde spumeggianti si avventano contro il faro, sembrano sommergerlo.
Il cielo è plumbeo, nubi scure e minacciose, gravide di pioggia si addensano all'orizzonte.
Nella finestrina su in alto, si accende una luce. E' fioca, tremolante.
Poi un raggio improvviso illumina il mare ed il cielo che nel frattempo è diventato scuro come la pece.
Lontano, sul mare in tempesta, s'intravedono le luci di una nave che avanza a fatica, la prua s'innalza e s'abbassa sulle onde. Dalla nave parte un richiamo. Sembra il  lamento di una bestia ferita. La sirena s'innalza nel fragore della tempesta. Un attimo dopo un identico suono risponde dal faro, e la sua luce verde illumina di profondità di smeraldo le acque intorno alla  prua.
La nave oltrepassa il promontorio e scompare....

Per quella sera l'uomo ha terminato il suo lavoro. Tornerà all'alba per spegnere il faro.
E' un uomo ancora giovane, non avrà più di sessanta anni, ma una vita trascorsa in mezzo al mare ha segnato il suo viso cotto dal sole con rughe profonde che si accentuano intorno agli occhi ed alla bocca. Un tempo era stato Comandante di lungo corso. Aveva pilotato navi per metà della sua vita. Poi si era sposato. Era giunto un figlio. Un brutto incidente l'aveva messo a riposo per sei mesi.
Quando aveva cercato di tornare al suo lavoro, la Compagnia l'aveva informato che il suo posto era stato preso da un giovane Capitano.
Non ci furono più navi per lui.
Per rimanere vicino al mare aveva accettato quel posto, in quel paesino sperduto della costa.
Guardiano del Faro, in un paese che contava poche anime,raccolto intorno alla sua piazzetta con la chiesa, la farmacia, una drogheria e un'osteria. Non c'era altro in quel paese. Poche case, calcinate dal sole, erose dalla salsedine, abitate per lo più da pescatori.

 

L'uomo si chiamava Alfredo, ma tutti lo chiamavano il Comandante. Per alcuni anni Alfredo, sua moglie Silvia ed il piccolo Marco erano stati felici nel piccolo paese.
Silvia era insegnante in una scuola elementare nella città più vicina. Suo figlio Marco frequentava la stessa scuola insieme a Chiara, la figlia del farmacista. Tutte le mattine, madre e figlio prendevano la corriera che li avrebbe portati in città.
Alfredo aveva il suo faro. Aveva i suoi amici pescatori e la compagnia su al faro di una gatta nera, che aveva chiamato Sirenetta.
La gatta lo seguiva dappertutto e qualche anno dopo, Alfredo aveva curato e salvato un piccolo gabbiano che durante una tempesta si era spezzato un'ala.
Una volta guarito, anche il gabbiano era rimasto e gli faceva compagnia nelle lunghe ore trascorse sulla terrazza del faro.
Quando Marco compì i diciotto anni, si trasferì in città per studiare all'Università.
Poco dopo anche sua moglie lo lasciò. Non sopportava più quella vita così monotona.
Alfredo rimase solo, con la gatta Sirenetta, il gabbiano Achille e il suo faro.

Scese per la ripida scaletta, preceduto come sempre dalla gatta. Chiuse il pesante portone con una grossa chiave di ferro arrugginita. Si calcò bene il berretto sulla fronte, infilò le mani nelle tasche, incassò la testa fra le spalle per difendersi dal vento gelido e dagli spruzzi di  acqua salata e si avviò verso il paese.
Nell'oscurità brumosa di quella sera invernale, le luci dell'osteria si riflettevano all'esterno dando un senso di calore,  un richiamo irresistibile per un uomo solo come lui. 
L'atmosfera era fumosa, una nebbia azzurrina  avvolgeva  cose e persone illuminati a tratti dai bagliori delle fiamme del grosso camino.
Quando Alfredo entrò tutti lo salutarono.
..."Comandante!"....."Tempaccio eh Comandante?"..."Venga a bere una birra con noi Comandante"....
Tutti lo chiamavano, tutti lo salutavano. Si capiva che in paese tutti lo stimavano e gli volevano bene.
Ma Alfredo era triste e la gente se ne accorgeva. Quando uscì, tutti gli sguardi erano puntati su di lui.
"Pensa a sua moglie....quella canaglia che lo ha abbandonato..."
"Pensa al figlio, quanto tempo è che non si fa vedere.....".
Effettivamente Alfredo era triste. La casa è fredda, il fuoco spento nel camino. Non c'è niente di pronto da mangiare.
Accende tutte le luci della casa, accende il fuoco, mette l'acqua a bollire per prepararsi una tazza di tè.
La gatta lo osserva dalla mensola sul camino.
Alfredo apre una scatoletta per la gatta, versa il tè e sprofonda nella poltrona davanti al fuoco.
Immagini di un passato ormai morto gli sfrecciano nella mente.

Rivede Silvia, giovane e bella che lo aspetta sulla soglia di casa. Ha un vestito a fiori ed  un sorriso dolcissimo.
E poi Marco che gioca con Chiara.
Entrambi i bambini hanno perennemente le ginocchia sbucciate. Colpa delle scorribande fra gli scogli. I bambini amano il mare come lui.
Spesso tornavano a casa con i vestiti bagnati, il naso spellato dal sole ed i secchielli pieni di piccoli granchi che raccoglievano negli anfratti fra gli scogli.

Poi i ragazzi erano cresciuti. E Alfredo non vedeva più ginocchia sbucciate da medicare, ma mani intrecciate e sguardi che si perdevano gli uni negli altri.
Una bella storia d'amore quella fra Marco e Chiara.
Cosa era successo? Perchè improvvisamente Marco aveva voluto andare via? Perso nei suoi ricordi Alfredo chiuse gli occhi e lasciò che l'ondata delle emozioni lo travolgesse.
Bentornata malinconia.....

Il tempo trascorreva così, sempre uguale. Cambiavano solo le stagioni.
Un giorno di Settembre il postino portò una raccomandata ad Alfredo.
Veniva dalla Capitaneria del Porto.
La nave, quell'unica nave che ogni sera attraversava lo specchio d'acqua prospiciente il promontorio, sarebbe andata in disarmo. Nuovi mezzi veloci ne avrebbero preso il posto, la rotta sarebbe stata modificata e quindi....il faro non sarebbe stato più di nessuna utilità.
Avrebbero spento il faro! L'avrebbero abbattuto.
Al suo posto sarebbe sorto uno stabilimento balneare. Era tempo che anche in quel paesino giungesse il progresso.

La notizia si diffuse in un  baleno nel piccolo paese. Gli uomini insorsero, si riunirono nella piazzetta davanti alla chiesa.
”Comandante! Il nostro faro! Il nostro faro  non può essere spento!”….

Alfredo era come tramortito. Gli stavano strappando via
la sua unica ragione di vita.
Andò a parlare alla Capitaneria. Non servì a nulla.
Scrisse al Ministero. Nessuno gli rispose.
Il 31 Dicembre il faro sarebbe stato acceso per l'ultima volta. Poi sarebbe sceso il buio.

Cominciò a bere. Non mangiava quasi più. Passava le ore a contemplare il mare.
Il mare che lui aveva tanto amato. Il mare che lo aveva tradito.
Giunse l'inverno. La nave ormai non passava più tutti i giorni. Già erano in funzione alcuni mezzi veloci.
Testardo, ogni sera lui accendeva il faro ed alla stessa ora inviava il suo richiamo nella notte.
Ma dal mare non giungeva più la risposta.

 

 
 
 
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