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...fini la comédie

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Messaggi del 17/12/2011

L'UOMO DEL FARO (II° PARTE)

Post n°200 pubblicato il 17 Dicembre 2011 da ofelia770

 

 

La luce del mio faro illumina questa notte gelida,forse la prima vera notte invernale.
E io sono tornata da Voi tutti amici carissimi. Perdonate la mia lunga assenza, non è stata dovuta a indifferenza e non è dipesa dalla mia volontà.
Ci sono momenti nella vita che sono duri, difficili da superare, ma la forza è dentro di noi e quando pensi di essere a terra, riesci poi a risollevarti e a ricominciare da capo.

E non potevo mancare a questo appuntamento! Non potevo lasciare che la storia di Alfredo e del suo faro restasse senza un seguito.
Ricordate? L’abbiamo lasciato solo e sconfitto a guardare il mare, quel mare che lui amava tanto e dal quale si era sentito tradito.

E’ quindi con gioia che mi accingo a narrarvi la seconda parte di questo racconto.

Vi aspetto tutti. Sediamoci insieme davanti a un camino acceso e ascoltiamo la storia.

Daniela

Infine, prima di accingermi a raccontare Vi lascio queste

 parole….

  

 

 

L'uomo del Faro (II°Parte)

 

 

 

 

 

Le settimane si susseguivano , una uguale all’altra, scandite solo dall’alternarsi dei giorni con le notti.

Una sera sentì bussare alla porta.
Era strano. Nessuno veniva mai a cercarlo a casa.
Incuriosito andò ad aprire. Si trovò di fronte Chiara.
In silenzio osservò la ragazza. Nella sua mente, lei era rimasta la ragazzina dalle treccine bionde che giocava con Marco.
Non si era reso conto di quanto fosse cresciuta, di quanto si fosse fatta bella.
La fissò senza parlare, finchè  lei arrossendo non gli chiese se poteva entrare.
"Comandante, scriva a suo figlio. Scriva a Marco! Lui ora è un avvocato, una persona importante! Lui saprà cosa fare".
Alfredo aggrottò le folte sopracciglia. Marco non si faceva sentire da più di un anno.
Chiedere aiuto a lui? E perchè no?
Per il faro, per il suo faro avrebbe fatto qualunque cosa.
La lettera partì. Passarono i giorni, poi le settimane.
Alfredo non sperò più.
Una sera di Novembre tornò a casa. Era di buon umore. La nave era passata ed il suo richiamo non era rimasto senza risposta. Ad aspettarlo davanti la porta di casa c'era Marco.

I due uomini restarono a fissarsi in silenzio. Poi Marco gettò le braccia al collo del padre.
Dopo un attimo di esitazione Alfredo lo strinse in un forte abbraccio.
"Mi hai chiamato papà, ed io sono qui: dimmi, cosa posso fare per  aiutarti?"
Per tutta la sera, davanti al camino acceso, padre e figlio parlarono. Parlarono di tutto, delle loro vite, dei loro sogni, delle loro speranze. Parlarono del faro.
E come se non fosse mai andato via, anche Marco disse:
"Non possono farlo! Non possono spegnere il faro!"

Sarebbe stata una  battaglia lunga e faticosa. Marco convinse suo padre a trasferirsi in città da lui.
"Parleremo con tutti, vedrai....conosco tanta gente...troveremo il modo di convincerli!"
Ma Alfredo non poteva abbandonare il suo faro.
"Verrò all'inizio dell'anno, dopo che avranno spento il faro".

Il 31 dicembre quell'anno, tutto  il paese era al faro. Giunsero nella notte da tutta la costa, sembrava il pellegrinaggio alla Capanna. Uomini, donne e bambini, trascinandosi dietro anche i nonni e le persone anziane. Si arrampicarono sulla scaletta, si affacciarono dalla grande terrazza circolare e quelli che non trovarono posto si accalcarono sul molo intorno al faro.

A mezzanotte Alfredo accese per l'ultima volta il fascio luminoso e la sirena risuonò forte nell'aria chiara e piena di stelle.
Fuochi artificiali di mille colori s'innalzarono nel cielo e come stelle comete brillarono alti prima di inabissarsi fra le onde.
Poi fu il silenzio ed il buio.

 Alfredo affidò la gatta a Chiara e partì per la città.
Le luci, i rumori lo stordirono.
Lui, vecchio lupo di mare, conosceva il fragore della tempesta ed il silenzio delle notti stellate.
La città lo investì come un ciclone e lo lasciò smarrito.
Ma ben presto si riprese. Aveva una battaglia da combattere e lo avrebbe fatto fino in fondo.
Marco fu di parola. Insieme andarono a parlare ai vari Ministeri, fecero code interminabili, supplicarono, minacciarono, fecero pubblicare la storia sui giornali.
L’unica cosa che ottennero fu di procrastinare
l’abbattimento del faro.
Lega Ambiente insorse in favore del vecchio faro e dichiarò che ben presto sarebbe divenuto territorio protetto.

 Alfredo tornò in paese. Era primavera inoltrata e tutta la costa era ricoperta da un mare giallo di ginestre che ondeggiavano al vento.
Respirò l’aria pulita della sua terra che odorava di pane fatto in casa e del profumo dei mandarini.
Marco decise di prendersi qualche giorno di vacanza e raggiunse suo padre.
Insieme salirono al faro, si affacciarono dalla terrazza a contemplare il mare illuminato dal sole.
Achille il gabbiano si andò a posare accanto al suo vecchio amico e la gatta Sirenetta balzò senza paura sull’orlo del parapetto.
Padre e figlio fecero lunghe passeggiate e un giorno Marco si trovò di fronte Chiara.
La ragazza arrossì, poi impallidì e fece per fuggire via, ma Marco la fermò.

“Chiara!” C’era tanto amore e tanto dolore in quel richiamo che la bloccò. Rimasero a fissarsi con uno sguardo affamato e così intenso che Alfredo si sentì di troppo e si allontanò, lasciando i due ragazzi soli.
Quando fu abbastanza lontano si voltò, e un sorriso gli illuminò gli occhi. Quelle mani intrecciate, che lui ricordava così bene, si erano ritrovate e l’atteggiamento dei due era inequivocabile. Esprimeva amore.

Quella sera improvvisamente il tempo cambiò. Un vento gelido di tramontana increspò le onde del mare. Ben presto una vera e propria mareggiata sconvolse il piccolo tratto di costa.

La pioggia cominciò a cadere fitta e continuò a cadere per due giorni e due notti.
Alfredo e Marco seduti davanti alla radio ascoltavano le ultime notizie.

Il cronista raccomandava a tutti di non uscire di casa, la tempesta era la più temibile degli ultimi anni. Improvvisamente s’interruppe, dalla radio giunse un rumore provocato da un’interferenza, poi…l’annuncio, con voce agitata.

“Ci giunge ora notizia di una nave in difficoltà davanti al tratto di costa….la nave, uscita fuori rotta ha lanciato un S.O.S. ma non c’è nessuna altra nave che potrà raggiungerla con questo uragano! Le condizioni del mare sono proibitive…la nave andrà a schiantarsi contro gli scogli….”

Alfredo era già in piedi.

“Presto!”gridò a Marco – “dobbiamo correre al faro! E’ la loro unica speranza…”

Prima che il figlio potesse dissuaderlo, Alfredo era già fuori dalla porta.
Correva, volava sotto l’acqua che scendeva a torrenti giù dal cielo, correva contro il vento che gli sbatteva in faccia cartacce e foglie fradice e che lo accecava.

Cadde più volte, ma ogni volta si rialzava e riprendeva a correre.

Alfredo correva verso il suo faro.

Quando arrivò alla banchina si rese conto che sarebbe stato difficilissimo se non impossibile passare.

Le onde s’infrangevano rabbiose contro il molo e lo sommergevano.

  Marco lo raggiunse ansante. Reggeva una torcia.

“Vecchio pazzo!” lo rimproverò affettuosamente. Ma non cercò di fermarlo.

Insieme affrontarono la tempesta. Il tuono rotolava nel cielo con rombo pauroso, i fulmini si schiantavano a pochi passi da loro. Scivolarono sul selciato reso viscido dalla pioggia, furono inzuppati fino alle ossa dall’acqua gelida che scendeva dal cielo e s’alzava dal mare, furono sbattuti contro il muricciolo che delimitava il molo, ma infine raggiunsero la vecchia porta del faro.

Alfredo aveva le mani talmente gelate e tremanti da non riuscire a infilare la chiave nella serratura.

Marco allora gliela tolse di mano e riuscì ad aprire.

Si precipitarono su per la scaletta. Giunti in cima, si avvicinò alla finestra per guardare fuori.

Il buio era assoluto. Poi, alla luce livida di un lampo Alfredo riuscì ad  intravedere qualcosa in lontananza. Si, erano delle luci che appena apparivano, inghiottite subito dopo dall’oscurità.

Allora accese il faro e attivò la sirena.

Lontanissima, come un’eco debole e fioca rispose un’altra sirena.
La luce del faro illuminò le onde e finalmente i due uomini videro la nave.

Procedeva a fatica nel mare in tempesta, la prua già quasi completamente sommersa. Tutt’intorno l’universo era sconvolto, ma ora aveva una guida.

Non sarebbe finita sugli scogli.

La nave accese tutte le luci, lanciò alto il suo richiamo che era anche un saluto e un ringraziamento e passò oltre il promontorio.

Il faro aveva donato al mare il suo ultimo contributo.

 
 
 

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