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...fini la comédie

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Messaggi del 25/12/2011

Vorrei ancora un Natale così...

Post n°204 pubblicato il 25 Dicembre 2011 da g1b9

 

Buona sera Liliana, buona sera a tutti, questa sera  vi racconto  la favola  del Natale di un tempo. Ora i miei Natali sono molto diversi, tuttavia i bei giorni vissuti restano dentro noi,per sempre!

 

 

 C'era una volta un paese di campagna,e c'è ancora; ma  non è più quello di allora, quello della mia infanzia più radiosa, quel periodo che torna alla mia mente nei giorni come questi, di festività natalizie. Adagiato ai piedi della collina, che lentamente declina alla pianura,  attraversato da un grande canale, si stendeva  su  una fertile campagna.

 

 

Sorgevano qua e là non più di un centinaio di case rustiche, vecchie di molti anni, mattoni o pietre a vista, coppi sovrapposti l'un l'altro a formare pezzi di tetto ad onde, molti comignoli consumati che spandevano fumo anch'esso ondulato. Uno spiazzo, la chiesa parrocchiale con la canonica ed il campanile con quella campana che suonava notte e giorno, battendo i suoi rintocchi argentini ogni mezz'ora, poi il mattutino, le sante Messe, il vespro. Una campana come non esistono più, sostituite dai suoni registrati, una campana che ora  è stata mandata in pensione , forse contro la sua volontà.Scomparso anche il mulino, quella grande ruota che girava spostando in alto ed in basso l'acqua del canale, quella ruota , spesso luogo di gioco per centinaia di colombi, che lì  volavano per abbeverarsi da una vicina colombaia. Mi piaceva fermarmi a guardare questo spettacolo, il bianco dei colombi, il nero della ruota che gocciolava, dietro di lei il muro verde di muffa del mulino che salendo scompariva, coperto dalla bianca polvere che a sbuffi usciva da una strana apertura.

 

 

 

 La grande casa di papà sorgeva oltre il paese, proprio sotto la collina, un grande giardino la circondava e la divideva dalla casa colonica dove viveva il fattore e la sua numerosa famiglia. Era rimasta a condurre la casa un'anziana zia , che aveva cresciuto i nipoti, rimasti orfani in giovane età. Ora la grande casa si apriva per la famiglia nei periodi di feste,oltre al mese di settembre, che eravamo soliti trascorrerlo là. Naturalmente era stata casa di rifugio nel periodo  bellico, quando solo papà rimaneva in città. Ma la guerra era finita, si tornava alla normalita. Natale tutti insieme in quella grande casa in quel piccolo paese ... Non c'era dicembre, allora,  almeno da noi, qui al Nord, prossimi alle Alpi, che non ci fosse la neve. Le strade erano bianche, spesso anche dalla metà di ottobre, di notte gelavano sotto quei cieli tersi,con le stelle a portata di mano e la luna ad illuminare le cime dei monti.  Anche la natura sembrava essersi addobbata per Natale. Le mattine serene erano tutto un fiorire di alberi ghiacciati,   mille arcobaleni si intrecciavano  coi primi raggi del sole.  La neve scendeva tranquillamente, ogni nevicata lasciava il suo strato  e così i nostri inverni erano sempre bianchi.

 

 

 

 Il traffico, quasi inesistente, non ne risentiva,le automobili si contavano, almeno nelle piccole città. Si avvicinavano le feste e la casa prendeva vita, venivano riaperte le stanze e le sale chiuse da alcuni mesi, la zia aveva il suo da fare ad organizzare i lavori che i figli e le figlie del fattore avrebbero portato a  termine, si pensava anche al menù natalizio  e a tutto quello che sarebbe servito per le feste; sarebbero stati giorni di grande lavoro, per tutti, tranne che per noi piccoli. Aspettavo con ansia il momento della partenza, non vedevo l'ora di sfuggire all'occhio sempre vigile delle monache e quando ,finalmente arrivava il momento della partenza, il mio cuore scoppiava dalla gioia.   Mi sembra , ora che quei tempi non siano mai esistiti, tutto mi pare un sogno, eppure... entrare in quella casa,  sistemarsi in quella grade camera, il camino acceso, quel tepore che diventava  caldo, molto caldo avvicinandosi al fuoco, lo scoppiettare della legna  e quei tizzoni che rischiaravano il buio della notte, mentre mi rannicchiavo sotto quelle grandi trapunte, era reale. Fuori la notte aveva i suoi rumori, il vento che spazzava la campagna, il campanaccio  di qualche animale che veniva spostato, l'ululare dei cani, che a volte diventavano un eco ripetuto e ripetuto ancora. Nulla , tuttavia mi dava tanta gioia come andare a casa dei fattori, mi piaceva il loro modo semplice di vivere tutti in quella grande cucina, quel lungo tavolo sul quale venivano disposte le ciotole del cibo, senza apparecchiare; quel pane caldo inzuppato nel latte bollente mi pareva la miglior colazione del mondo. Abbandonavo in casa gli stivaletti, volevo anch'io quegli zoccoli di legno riempiti di paglia come indossavano le  figlie del fattore. Ricordo che ne intagliava un paio ogni anno e me lo regalava già  pronto con paglia  e vernice fresca. Nulla mi ha più coccolato le fredde estremità come quegli zoccoli.  Pensare a Natale per me è sempre risentire il tepore di quella paglia che conservava il calore del sole  che mesi prima aveva maturato il grano. Poi  c'era il presepe:  statuine intagliate nei pomeriggi estivi quando badavano il bestiame al pascolo, il cielo la carta dello zucchero con qualche stellina disegnata...Un presepe che mi incantava perchè unico ,diverso da tutti, e il piattino coi pensirini che mettevano per chiedere  grazie o fare ringraziamenti al  bambinello. Il grande camino mi affascinava, con i pentoloni appesi che profumavano di buono Quella cucina mi piaceva moltissimo, aveva un calore di sana umanità che mai ho ritrovato.

 

cucina di contadini Pictures, Images and Photos 

 

 La notte di Natale, tutti in cammino con le lanterne in mano, una specie di processione  ,accompagnati solo dal chiarore della neve ci recavamo alla chiesa per la messa di mezzanotte.La mattina di Natale , la grande sorpresa... l'albero allestito durante la notte sfavillante di stelline. Ai piedi del grande pino i  nostri regali. Tanti bambini, tanti pacchi, rigorosamente identici. Qui iniziava il nostro gioco di Natale, il primo a scendere sceglieva il suo pacco , man mano gli altri facevano la loro scelta. All'interno c'erano sempre statuine per il presepe... non di gesso o legno,, ma  di zucchero e  mandorle... non so quanto tempo fosse stato necessario alla loro preparazione... ogni anno le nostre statuine; chi trovava il Bambinello aveva il compito di allestire il presepe quel Natale... Ricordo ancora l'ansia  e la speranza che  toccasse a me quella gioia, e qualche volte succedeva.  Il mio presepe sarebbe durato fino all'Epifania e poi...la nostra golosità avrebbe messo termine alle Feste Natalizie .In quei natali di bambina ricordo ancora una cosa, ma questa non mi piaceva, anzi rammento che salivo sullo sgabello sempre imbronciata: la poesia  che avevamo ripetuto decine di volte a scuola...Non mi piacevano tutti quegli occhi puntati su di me, non mi piaceva niente di quel rito, neanche i soldini che regalavano dopo la recita... Eppure  ora , mentre scrivo  di questi momenti ,mi piace guardare quegli occhi, quei volti,quei sorrisi, quella platea di persone , che ho amato immensamente, che  vivevano per me...Molti, molti non ci sono più... la mia vita, da allora ,ha fatto un lungo percorso, con persone diverse, in luoghi diversi, ma ogni Natale, sento il rintocco di quella campana che chiamava alla messa, vorrei ci fosse la neve e sotto l'albero un Bambinello di mandorle e zucchero!!!

 

 

Grazie...vi lascio un grande abbraccio ed

ancora tanti Auguri per le prossime feste

di Capodanno !!!

Giovanna 

 

 
 
 

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