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Un commento sull'articolo "Intervista doppia" mandato all'e-mail del giornale.

Post n°3 pubblicato il 13 Febbraio 2008 da cornelius_r100
 

Non condivido. Non sono d’accordo. Almeno non del tutto. Sei proprio sicuro, GM, che “un operatore di call-center così come un cassiere di supermercato crede di aver raggiunto una posizione di tutto rispetto nella scala sociale”?

E poi, scusami, non sarebbe, eventualmente, un’opinione ed un parere del tutto accettabili? Non reputi tali mestieri “rispettabili nella scala sociale”?

A parte questo.

 

Il “mondo occupazionale” odierno è popolato di individui, giovani e meno giovani, più o meno preparati, figli di una generazione che ha investito molto su di loro. In termini di educazione, istruzioni e denaro.

Madri e padri che poco hanno potuto permettersi, hanno “fatto studiare” i loro figli auspicando per essi un futuro più agiato e comodo – consentimi le parole - sperando di poterli salvare da quella fatica fisica e poco proficua (almeno così erano convinti i nostri genitori! Che poi questa convinzione sia molto discutibile questa è un'altra cosa...) che invece è toccata loro…

Siamo figli del così tanto mitizzato “pezzo di carta” che sembrava una volta essere la chiave di accesso alla porta di quella che tu definisci “posizione di tutto rispetto”. Quando invece si tratta, a mio parere, semplicemente di una volontà – sicuramente a volte troppo ambiziosa ma non sempre denigratoria – di voler mettere a frutto i loro ed i nostri sacrifici.

 

Purtroppo, COME BEN SAPPIAMO, il sogno e le ambizioni sono una cosa. La realtà è un’altra.

Il mercato del lavoro oggi è quello che è.

L’occupazione, per quel che ne dicano e grazie ai vari marchingegni politici, è in piena crisi.

Di lavoro, in tal senso, ce n'è ben poco.

E allora ci si arrangia a fare quel che la casa offre.

Quindi, se spesso, si sceglie di non fare il muratore, il manovale, l’idraulico ecc., non sempre è perché si schifa e denigra quel mestiere. A volte è semplicemente ed essenzialmente perché “avendo studiato” conosco i miei diritti e so quello che mi spetta. E lo voglio. Anzi lo pretendo. Prima come apprendista – se quel lavoro non lo so fare – poi come esecutore professionista a tutti gli effetti.

E, sono convinta - Pietro “si accontenta” perché “lui è oggi quello che i nostri nonni ed i nostri genitori sono stati 50 anni fa” quando altre possibilità non vi erano.

Ma è il datore di lavoro IN PRIMIS ad apporfittarsene. Sceglie Pietro perché costa di meno e perché con lui può fare quel che vuole.

 

Pietro, oggi, in un paese non suo, si adatta ed accetta i compromessi e – per certi versi - accetta anche il non rispetto dei suoi diritti. Deve “costruirsi” una vita (da qui la maggiore determinazione) ed il fatto di non avere un contratto regolare o quant’altro è l’ultimo dei suoi problemi. Ma se Pietro, un domani, avrà le possibilità di far studiare i suoi figli, desidererà per loro un futuro fatto non di inumane levatacce mattutine e 14 ore di lavoro al giorno per poche centinaia di euro al mese. Sognerà magari delle giornate fatte di orari più giusti, di rispetto, e perché no, anche di camicie pulite…

Un argomento, quindi, con altre sfaccettature ed altre migliaia di cose da dire.

Ho provato a “leggerne” un altra oltre a quella che tu hai fotografato.

 

 

 
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