Lettere a mamma

Che fine avrà fatto quel vecchio costume da D'Artagnan?


Cara mamma, chissà dov’è finito quel vecchio costume di carnevale da D’Artagnan di quand’ero bambino. Riemerge oggi da chissà quale cassetto della mia memoria. Chissà perché e chissà per come. Ricordo un mantello rosso, ornato da una croce, la spada, rigorosamente in plastica, il cappello. Non so per quanti carnevali l’ho usato, forse due o tre. Ero un bimbo un po’ grassoccio (“il bambino non è grasso, è robusto”, solevi dire) e frequentavo le scuole elementari di via Venezia, la “Randaccio”. Il costume l’avrò indossato per qualche festa a scuola o in casa di amici, ovviamente nel periodo di Carnevale. Ricordo le interminabili sfide in punta di fioretto con gli altri amichetti improvvisatisi spadaccini per l’occasione, i coriandoli, le stelle filanti, il profumo delle zeppole, specie di quelle che preparava zia Paola, la sorella di mamma. Avevano un sapore e un profumo speciale, quale non ho più avuto occasione di sentire (e gustare). Erano forse più genuine quelle zeppole? Forse si, ma, più probabilmente, sono io che sono cambiato. Quel bambino vestito da D’Artagnan ora si nasconde sotto l’aspetto di un quasi 54enne ammogliato e con una figlia (che non si veste da moschettiere ma da Lady Bug). Incrocerei volentieri la spada (quella di plastica naturalmente) con qualche coetaneo che ancora si ricordi di essere un bambino che correva da una parte all’altra, instancabilmente, in cerca di nuove occasioni di gioco, con la fantasia a briglie sciolte, nelle feste con i compagnetti. Come quella all’hotel Mediterraneo a cui partecipai, sempre con l’immancabile costume da D’Artagnan (ma avrei desiderato tanto un costume da guerriero greco) e dalla quale andai via (per la disperazione di mia mamma) sudatissimo e con uno squarcio indecente nei pantaloni del costume. Altri tempi, emozioni che riemergono senza apparente motivo, come la tua voce, i tuoi rimproveri, i tuoi baci e quegli anni ‘70 che sembrano ormai preistoria.