Dal momento che ieri ho iniziato l’argomento, continuo su questa rotta: se prima vi avevo presentato un preparato galenico Anfera che funzionava, oggi ve ne propongo uno che non funzionava affatto. Sto parlando dell’Endo – Arthropatyl. Questo farmaco rappresenta il “rovescio della medaglia” dei farmaci della prima metà del Novecento. Prima di iniziare è comunque bene puntualizzare quando un farmaco non è efficace, ma anzi può dare un danno all’organismo ben peggiore della malattia stessa. Infatti, oltre all’adagio “è la dose che fa il veleno” è necessario tenere conto anche di altre variabili quali la cronicità della patologia e la sua diffusione. Le artropatie sono patologie croniche, e sebbene le concentrazioni di nitrato di stricnina e di sodio monometilarsinato fossero basse, l’impossibilità di curare la malattia avrebbe significato una continua assunzione del farmaco, con danni pesanti ai tessuti. Sicuramente obietterete che il nostro organo metabolico più importante, cioè il fegato, ha proprietà rigenerative, e quindi può generare nuovo tessuto, ma i danni più gravi arrivavano fino ai reni e quelli ahimè non si rigenerano, creando i presupposti per l’insufficienza renale, difficilissima da trattare fino agli anni Sessanta, quando comparvero i primi macchinari per la dialisi. Il sodio monometilarsinato e il nitrato di stricnina erano sciolti in una soluzione ipertonica che comprendeva glicerofosfato di sodio e acido cloridrico. Sì, leggete bene, acido cloridrico quanto basta per via endovenosa. Probabilmente contro l’artrite non faceva molto, ma era un veleno per topi da paura! Ecco la foto della scatola:
Endo Artropathyl Anfera
Dal momento che ieri ho iniziato l’argomento, continuo su questa rotta: se prima vi avevo presentato un preparato galenico Anfera che funzionava, oggi ve ne propongo uno che non funzionava affatto. Sto parlando dell’Endo – Arthropatyl. Questo farmaco rappresenta il “rovescio della medaglia” dei farmaci della prima metà del Novecento. Prima di iniziare è comunque bene puntualizzare quando un farmaco non è efficace, ma anzi può dare un danno all’organismo ben peggiore della malattia stessa. Infatti, oltre all’adagio “è la dose che fa il veleno” è necessario tenere conto anche di altre variabili quali la cronicità della patologia e la sua diffusione. Le artropatie sono patologie croniche, e sebbene le concentrazioni di nitrato di stricnina e di sodio monometilarsinato fossero basse, l’impossibilità di curare la malattia avrebbe significato una continua assunzione del farmaco, con danni pesanti ai tessuti. Sicuramente obietterete che il nostro organo metabolico più importante, cioè il fegato, ha proprietà rigenerative, e quindi può generare nuovo tessuto, ma i danni più gravi arrivavano fino ai reni e quelli ahimè non si rigenerano, creando i presupposti per l’insufficienza renale, difficilissima da trattare fino agli anni Sessanta, quando comparvero i primi macchinari per la dialisi. Il sodio monometilarsinato e il nitrato di stricnina erano sciolti in una soluzione ipertonica che comprendeva glicerofosfato di sodio e acido cloridrico. Sì, leggete bene, acido cloridrico quanto basta per via endovenosa. Probabilmente contro l’artrite non faceva molto, ma era un veleno per topi da paura! Ecco la foto della scatola: