La farmacia d'epoca

Glaxo cresce bambini robusti come quelli di Casa Savoia!


Sì, se negli anni Venti volevate dei bambini belli come quelli dei Savoia, l’alimento Glaxo era ciò che avrebbe fatto per voi! L’Alimento Glaxo era prodotto dall’omonimo stabilimento neozelandese, in quel di Bunnythorpe, cittadina della regione di Manawatu-Wanganui, da cui poi si espanse in tutto il mondo, a suon di “Glaxo builds bonnie babies”. Sicuramente il nome del prodotto è particolare, infatti Glaxo non vuole significare nulla e non deriva da vocaboli già esistenti, si tratta solo del primo nome disponibile che fu possibile registrare. Quel prodotto che nel 1906 sarebbe stato battezzato “Alimento Glaxo”, era già sul mercato da almeno una decina d’anni, ma complice il suo nome commerciale “Defiance” ovvero “Provocazione”, non riusciva a vendere molto.  A questo punto, Joseph Nathan, l’ideatore del prodotto, provò con “Lacto”, ma non era possibile registrarlo a causa della sua somiglianza con altri nomi commerciali, e alla fine si ridusse ad inventare da zero un nuovo marchio, nella speranza che fosse di successo:  fortunatamente per lui fu così e l’Alimento si diffuse in ogni parte del Mondo. In Italia l’Alimento Glaxo arrivò a metà degli anni Venti, e nel 1932 la Glaxo aprì in Italia uno stabilimento di produzione nel veronese, che riuscì a resistere al periodo fascista e alla Seconda Guerra Mondiale. L’Alimento Glaxo altro non era che una farina lattea particolarmente “robusta” sulle 600 calorie per 100 grammi, che poteva essere impiegata già dalla prima settimana di vita. Da notare, infatti, è la concezione di svezzamento in vigore nella prima metà del Novecento: mentre al giorno d’oggi viene raccomandato alle madri di allattare al seno il più possibile, all’epoca un pediatra avrebbe consigliato di interrompere l’allattamento al seno in favore di una farina lattea ed avrebbe iniziato a svezzare già all’età di tre mesi. So che le mamme apprensive che a volte mi leggono troveranno “inconcepibilmente inaccettabile” quanto scritto sopra, ma occorre tenere conto che nella prima metà del Novecento la situazione era ben diversa. Prima di tutto occorre considerare che non esistevano omogenizzati e pappine varie già pronte: prima il bimbo si sarebbe abituato alla polenta, meglio sarebbe stato per tutta la famiglia, in quanto soprattutto nelle fasce di popolazione più povere, le stesse madri potevano manifestare denutrizione e patologie correlate, tra cui una diminuzione della produzione di latte. In un periodo storico che non conosceva ancora gli antibiotici e ancora meno gli antimicotici, le farine lattee erano uno degli alimenti più puliti e sterili mai concepibili da mente umana: con l’allattamento al seno spesso potevano verificarsi casi di infezione da patogeni della pelle come la candida o “mughetto” che avrebbero potuto minare la salute del neonato. Ecco la foto del barattolo:
E’ in cartone e misura 10 cm di diametro per 9,2 cm di altezza e la confezione in foto fu prodotta nel 1943. Sul retro sono presenti alcune indicazioni circa i dosaggi  e le modalità di somministrazione. Come le moderne pappe liofilizzate, la polvere andava mescolata con dell’acqua calda ( ancor meglio se bollente), fino a ridurla ad una crema. La scatola in più consiglia di somministrare al bambino, un’ora prima del pasto, un cucchiaino di succo di limone o di arancia addolcito con dello zucchero, per integrare la vitamina C, non presente nella farina lattea.Grazie per aver letto il post!