La farmacia d'epoca

L'Artrosolvina e la cura Rinaldi


 L’Artrosolvina Menarini è sicuramente un farmaco molto curioso, che ci insegna che ogni epoca ha avuto a che fare con i metodi di cura miracolosi, così “efficaci”  e “completi”, che sono caduti repentinamente nel grande dimenticatoio della storia del farmaco. L’Artrosolvina fu messa in commercio come trattamento universale per ogni artropatia, a partire dalla semplice artrosi fino a casi di artrite reumatoide giovanile, caratteristica rispecchiata anche dalla sua composizione: - Sodio glicerofosfato: modernamente è impiegato nel trattamento degli stati d’ansia e altre patologie nervose, spesso associato a valeriana, mentre all’epoca era considerato quasi una “panacea” per l’artrite. -Sodio cacodilato:  sale ottenuto dalla neutralizzazione dell’acido cacodilico con il carbonato di sodio. Mentre il carbonato di sodio è una molecola tranquilla, l’acido cacodilico o acido dimetilarsinico entrò in terapia come forma meno tossica dell’arsenico da impiegarsi nei ricostituenti arseniali. Il sodio cacodilato contiene un 35% circa di arsenico. - Sodio formiato: in passato era utilizzato in farmaceutica come diuretico, ad oggi è alla base di svariate lavorazioni nell’industria tessile. -Sodio joduro: oggi come allora è impiegato nel trattare le carenze di iodio dovute ad una dieta carente. -Novocaina: perché nessun farmaco ideato nella prima metà del Novecento potrebbe essere tale senza un antidolorifico, che tenendo conto dei dolori connessi all'artrite, in questo caso è pienamente giustificato, anche se la novocaina (o procaina), è meno "robusta" dell'alcaloide da cui deriva, ossia la cocaina. -Sodio arseniato: sì, nella prima metà del Novecento era diffusa l’idea che l’arsenico e i suoi sali, se presi a piccole dosi, avessero proprietà medicamentose: oggi possiamo affermare con sicurezza che l’unica proprietà farmacologica degna di nota era la loro azione rodenticida. -Stricnina nitrato: presente un po’ ovunque nei farmaci “d’urto”, considerati dei convulsivanti energici, in grado di esaltare i riflessi spinali. Credo sia inutile sottolineare la sua tossicità in caso di terapie croniche. L’Artrosolvina comparve sul mercato sulla scia della cura “miracolosa” del Dott. Alberto Rinaldi. Classe 1869, si laureò in medicina a Siena nel 1894, per poi tornare  a Cetona, il suo paese natale, dove esercitava come medico condotto. Diventò presto famoso per aver “ideato” una cura per l’artrosi che a prima vista pareva miracolosa, ma che in realtà non era tale. Esaminando alcuni articoli storici sul Rinaldi e sul suo lavoro, è molto curioso vedere quanto l’Artrosolvina si avvicini ad essa, soprattutto per la composizione: sodio glicerofosfato ad alte dosi, formiato di sodio, arseniali e stricninici, tali e quali come nella terapia di Rinaldi. Alla morte del dottore, avvenuta nei primi anni Trenta, il Guardasigilli Arrigo Olmi, incaricò il Professor Tommaso Lucherini di indagare sul metodo impiegato da Rinaldi e venire così a conoscenza del segreto miracoloso che quest’ultimo si era portato nella tomba. Gli studi sperimentali di Lucherini, portarono pochi anni dopo alla bocciatura del metodo, in quanto in nessuno dei pazienti vi era stata remissione dei sintomi o guarigione. Allora cosa poteva dar l’idea di “panacea” alla cura di Rinaldi? Personalmente non ho avuto la fortuna di esaminare i documenti del caso, ma l’Artrosolvina, e farmaci simili ad essa mi danno qualche idea: è possibile che anche Rinaldi facesse uso nel suo intruglio di alcaloidi per lenire le manifestazioni dolorose. D’altronde meno il dolore è percepito dal paziente, più esso ha l’illusione di “star meglio”. Come dicevo prima non molto è rimasto dei manoscritti del Dottor Rinaldi, anche se sono state ritrovate delle fatture di acquisto di alcune fiale di glicerofosfato, che il medico soleva approvvigionarsi dalla grande distribuzione farmaceutica, ma volendo credere a quel senso di “benessere ed euforia” che accompagnava i malati già a partire dalla seconda iniezione, direi che l’alcaloide di Rinaldi funzionava molto bene. Ecco la foto della scatola:
Misura 14,9 cm x 9,2 cm x 2 cm. Il modello della scatola è l’ultimo apparso, cioè quello della prima metà degli anni Cinquanta, ma il prodotto fu immesso sul mercato già negli anni Trenta. Ogni scatola conteneva 6 fiale da 5cc e costava 580 lire. La posologia era a discrezione medica. Grazie per aver letto il post!