Il Sistema Sanitario Nazionale Italiano ha una lunga storia, e sebbene oggi sia qualcosa che tutti noi cittadini italiani diamo per scontato, rimane un organo molto fragile che va tutelato e protetto per il bene dell’intera comunità.La prima idea embrionale di sistema sanitario pubblico in Italia si diffuse già sul finire dell’Ottocento, come un organismo di salute pubblica il cui scopo era quello di intervenire nel caso di epidemie. Ciò però non comportava completo aiuto medico alla popolazione perché all’epoca la Direzione Generale della Sanità Pubblica (istituita con la legge Pagliai nel 1888) era una branca del Ministero dell’Interno, quindi il suo scopo era legato al garantire l’ordine pubblico con zone di quarantena o la corretta rimozione dei cadaveri infetti. La cura delle persone era ancora tutta a carico del singolo. I ricchi potevano permettersi i medici, la classe lavoratrice si affidava al farmacista e i poveri potevano contare su una scarna rete di ospizi ed opere di carità. Le opere pie furono regolamentate con la legge Crispi del 1890, che le distinse dai servizio di pubblica assistenza.Una novità rispetto al passato però cominciava a farsi strada e a inserirsi nei tessuti urbani: tra gli anni Sessanta ed Ottanta dell’Ottocento iniziarono a costituirsi sul territorio le prime SOMS (Società di Mutuo Soccorso). Non garantivano assistenza sanitaria completa, ma prevedevano delle indennità in caso di infortuni sul lavoro e supporto alle vedove e agli orfani.A cavallo tra le due guerre mondiali la situazione iniziò però a cambiare. Il partito fascista, soprattutto per acquisire consenso tra la popolazione iniziò una serie di politiche volte al sociale, tra cui il consolidamento del sistema della “mutua”, ed il supporto all’opera di istituti sanitari volti alla lotta alla tubercolosi e alla malaria. Sulla carta la mutua fascista sembrerebbe un’idea positiva, ma analizzando nel dettaglio il suo funzionamento ci si rende conto che non era un programma di copertura universale. Ogni cassa della mutua era un’entità a se stante, specifica per la categoria di lavoratori, e nel tempo iniziarono a nascere un’enormità di queste società di previdenza sanitaria, come l’ENPAS (lavoratori pubblici dipendenti statali), l’INADEL (lavoratori pubblici dipendenti locali) o l’impronunciabile ENPDEDP (lavoratori del credito e delle assicurazioni).Le casse mutua garantivano la copertura sanitaria all’iscritto e alla sua famiglia, finanziata dagli iscritti a quella particolare cassa, e questo poteva creare delle disparità nei trattamenti ricevuti. Casse ricche avrebbero garantito cure migliori ai propri assistiti, i quali dovevano essere legati con un vincolo di parentela al lavoratore, lasciando scoperte le persone che per qualche motivo erano inabili al lavoro. Inoltre non era prevista alcuna tutela durante il periodo di riabilitazione o a prassi preventive.Per mettere ordine in questa giungla di casse mutua cresciute a dismisura lo stesso Mussolini durante la Seconda Guerra Mondiale istituì con il regio decreto 138 dell'11 gennaio 1943 l’Ente di Mutualità Fascista, che raccorpava in un unico ente nazionale le varie casse mutua. Alla caduta del regime l’EMF fu ribattezzato INAM (Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro le Malattie) con il D. Lgs 435 del Capo Provvisorio dello Stato il 13/05/1947. Inoltre, nel 1958 con la legge n. 296, viene fondato il Mineistero della Sanità, indipendente ed autonomo da quello dell’Interno.L’INAM cessò di esistere nel 1977 con la legge 833 che istituì il Sistema Sanitario Nazionale (SSN), entrata in vigore a partire dal 1/07/1980. Questo importantissimo Ente ha rivoluzionato l’accesso alle cure mediche per la popolazione italiana: la salute finalmente diventò un diritto di tutti, indipendentemente dalle condizioni sociali. La salute è un bene necessario per l’equità tra le persone, in quanto non si sa che cosa la vita abbia in serbo per ciascuno di noi, e nonostante le tante imperfezioni e deficit del SSN, noi italiani possiamo ancora contare su un accesso a contributo minimo o anche totalmente gratuito alle cure, a cui non importa delle patologie pregresse, asset genetico o conto in banca. E che alla fine è nel 2018 si è classificato quarto a livello mondiale (fonti Bloomberg). Utilizziamolo con saggezza senza abusarne, perché al Mondo esistono Stati più avanzati della piccola Italia che sognano il giorno in cui l’assistenza sanitaria sarà diritto universale.
A proposito del Sistema Saniario Nazionale
Il Sistema Sanitario Nazionale Italiano ha una lunga storia, e sebbene oggi sia qualcosa che tutti noi cittadini italiani diamo per scontato, rimane un organo molto fragile che va tutelato e protetto per il bene dell’intera comunità.La prima idea embrionale di sistema sanitario pubblico in Italia si diffuse già sul finire dell’Ottocento, come un organismo di salute pubblica il cui scopo era quello di intervenire nel caso di epidemie. Ciò però non comportava completo aiuto medico alla popolazione perché all’epoca la Direzione Generale della Sanità Pubblica (istituita con la legge Pagliai nel 1888) era una branca del Ministero dell’Interno, quindi il suo scopo era legato al garantire l’ordine pubblico con zone di quarantena o la corretta rimozione dei cadaveri infetti. La cura delle persone era ancora tutta a carico del singolo. I ricchi potevano permettersi i medici, la classe lavoratrice si affidava al farmacista e i poveri potevano contare su una scarna rete di ospizi ed opere di carità. Le opere pie furono regolamentate con la legge Crispi del 1890, che le distinse dai servizio di pubblica assistenza.Una novità rispetto al passato però cominciava a farsi strada e a inserirsi nei tessuti urbani: tra gli anni Sessanta ed Ottanta dell’Ottocento iniziarono a costituirsi sul territorio le prime SOMS (Società di Mutuo Soccorso). Non garantivano assistenza sanitaria completa, ma prevedevano delle indennità in caso di infortuni sul lavoro e supporto alle vedove e agli orfani.A cavallo tra le due guerre mondiali la situazione iniziò però a cambiare. Il partito fascista, soprattutto per acquisire consenso tra la popolazione iniziò una serie di politiche volte al sociale, tra cui il consolidamento del sistema della “mutua”, ed il supporto all’opera di istituti sanitari volti alla lotta alla tubercolosi e alla malaria. Sulla carta la mutua fascista sembrerebbe un’idea positiva, ma analizzando nel dettaglio il suo funzionamento ci si rende conto che non era un programma di copertura universale. Ogni cassa della mutua era un’entità a se stante, specifica per la categoria di lavoratori, e nel tempo iniziarono a nascere un’enormità di queste società di previdenza sanitaria, come l’ENPAS (lavoratori pubblici dipendenti statali), l’INADEL (lavoratori pubblici dipendenti locali) o l’impronunciabile ENPDEDP (lavoratori del credito e delle assicurazioni).Le casse mutua garantivano la copertura sanitaria all’iscritto e alla sua famiglia, finanziata dagli iscritti a quella particolare cassa, e questo poteva creare delle disparità nei trattamenti ricevuti. Casse ricche avrebbero garantito cure migliori ai propri assistiti, i quali dovevano essere legati con un vincolo di parentela al lavoratore, lasciando scoperte le persone che per qualche motivo erano inabili al lavoro. Inoltre non era prevista alcuna tutela durante il periodo di riabilitazione o a prassi preventive.Per mettere ordine in questa giungla di casse mutua cresciute a dismisura lo stesso Mussolini durante la Seconda Guerra Mondiale istituì con il regio decreto 138 dell'11 gennaio 1943 l’Ente di Mutualità Fascista, che raccorpava in un unico ente nazionale le varie casse mutua. Alla caduta del regime l’EMF fu ribattezzato INAM (Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro le Malattie) con il D. Lgs 435 del Capo Provvisorio dello Stato il 13/05/1947. Inoltre, nel 1958 con la legge n. 296, viene fondato il Mineistero della Sanità, indipendente ed autonomo da quello dell’Interno.L’INAM cessò di esistere nel 1977 con la legge 833 che istituì il Sistema Sanitario Nazionale (SSN), entrata in vigore a partire dal 1/07/1980. Questo importantissimo Ente ha rivoluzionato l’accesso alle cure mediche per la popolazione italiana: la salute finalmente diventò un diritto di tutti, indipendentemente dalle condizioni sociali. La salute è un bene necessario per l’equità tra le persone, in quanto non si sa che cosa la vita abbia in serbo per ciascuno di noi, e nonostante le tante imperfezioni e deficit del SSN, noi italiani possiamo ancora contare su un accesso a contributo minimo o anche totalmente gratuito alle cure, a cui non importa delle patologie pregresse, asset genetico o conto in banca. E che alla fine è nel 2018 si è classificato quarto a livello mondiale (fonti Bloomberg). Utilizziamolo con saggezza senza abusarne, perché al Mondo esistono Stati più avanzati della piccola Italia che sognano il giorno in cui l’assistenza sanitaria sarà diritto universale.