Creato da lafarmaciadepoca il 13/10/2010

La farmacia d'epoca

Raccolta di scatole e flaconi di farmaci di ieri - di Giulia Bovone

Messaggi di Aprile 2018

Bioplastol

Post n°556 pubblicato il 19 Aprile 2018 da lafarmaciadepoca
 

Intorno agli anni Trenta, l’Industria Prodotti Opoterapici (IPO) di Bologna produceva il Bioplastol Agnoli, un ricostituente in fiale alla lecitina e luteine dell’uovo.

In che modo questo farmaco è speciale? Perché è al limite del plagio.

Oggi, quando scade il brevetto su una molecola o un principio attivo, cade l'esclusività di produzione e perciò esso può essere prodotto e venduto da altre aziende farmaceutiche, ma negli anni Trenta questo concetto era un po’ diverso.

In quegli anni, chiunque producesse ricostituenti alla lecitina d’uovo anelava al successo commerciale della Bioplastina, farmaco ideato dal Dott. Cesare Serono: dopo quasi cent’anni si trovano ancora un’enorme quantità di scatole di latta ad attestare il numero mastodontico di medicinale venduto. Non ci credete? Andate in un qualunque mercatino e provate a rovistare: sfido io che non riusciate a trovare almeno una scatola di latta della Bioplastina.

Già il nome “Bioplastol” è abbastanza sospetto, soprattutto se confrontato con “Bioplastina”, infatti credo che “Agnoli”, sia stato aggiunto per poter registrare il brand, oppure per far il verso a “Serono”.

Il principio attivo era lo stesso, in particolare si trattava di “emulsione asettica ed indolora al 10% di lecitina e luteine in soluzione fisiologica”, e se avete sottomano una  scatola della Bioplastina potete verificare voi stessi che la differenza con “emulsione asettica di lecitina e luteine in siero fisiologico” non è molta.

La differenza principale tra i due preparati era solo la percentuale di principio attivo: il Bioplastol era al 10%, mentre la Bioplastina era al 5%, però la posologia del primo ricostituente raccomandava la metà delle iniezioni del secondo, quindi la quantità di principio attivo ricevuta dal paziente era pressoché la stessa.

Ecco la foto della scatola:

 

Bioplastol

Misura 9,2 cm x 7,3 cm x 1,5 cm e risale a metà degli anni Trenta. Ciascuna scatola costava 10,45 Lire, in linea con il prezzo di altri ricostituenti alla lecitina d’uovo in vendita in quel periodo.

Grazie per aver letto il post!

 
 
 

Placacid Recordati

Post n°555 pubblicato il 10 Aprile 2018 da lafarmaciadepoca
 

Negli anni Cinquanta / Sessanta, se foste rimasti appesantiti dalle abbuffate pasquali, sicuramente avreste tratto giovamento dall’uso del Placacid Recordati.

Questo farmaco è andato in pensione nel 1999, ma credo che in tanti ricorderanno ancora le scatole verdi e bianche o i flaconcini che erano prescritti in caso di bruciori di stomaco di una certa entità, con possibilità di evoluzione in forme patologiche più pensanti.

Infatti, il Placacid era qualcosa di più di un semplice antiacido, ma questo è possibile dedurlo solo da un’analisi della composizione:

4 – Cloro – 3 aminobenzoato di dimetilaminoetile cloridrato: antispastico ed analgesico locale, il quale forniva un’azione più forte rispetto ad altri antiacidi comuni disponibili all’epoca.

Laurilsolfato sodico: è un tensioattivo ed un agente schiumogeno presente in moltissimi prodotti di uso comune, come dentifrici, schiume da barba e shampoo.  Ad oggi non è più utilizzato come farmaco di per sé  in quanto può risultare irritante per la mucosa gastrica.

Aminoacetato basico di alluminio: nel caso del Placacid e di altri farmaci coevi è presentato come un potente protettore della mucosa in caso di ulcera gastrica, grazie alla sua azione basificante. La sua assunzione genera stitichezza, ma gli ideatori del Placacid avevano pensato di mitigare questo inconveniente tramite l’aggiunta di carbossimetilcellulosa e ossido di magnesio.

Ossido di magnesio: semplice magnesia ad effetto lassativo.

Trisilicato di magnesio: spesso utilizzato in terapia come antiacido, soprattutto se associato ad idrossido di alluminio ed idrossido di magnesio.

Sodio carbossimetilcellulosa: questa molecola dal nome eccellente per qualunque partita di Scarabeo, è presente in tutte le nostre case. Dove? Negli imballaggi per alimenti, spesso indicata con la sua sigla, in quanto è un additivo autorizzato dall’Unione Europea (E466). Nel Placacid invece, doveva rappresentare una fonte di fibre.

Amido, talco, sodio stearato ed aromi: per il “corpo” della pastiglia.

Confrontando la formulazione del Placacid con altri prodotti in voga in quegli anni, come l’Alucol Wander ci si rende conto di come il primo fosse all’avanguardia, tanto da arrivare anche ad una versione più forte del prodotto, il temibile “Placacid distensivo”, che possedeva in più l’azione psicoattiva sul paziente.

Ecco la foto del campione gratuito:

 

Placacid

Non è una scatola, ma un semplice cartoncino piegato in due che contiene all’interno ancora due pastiglie. Oggetti di questo genere erano spesso consegnati a medici  come campioni gratuiti per far testare la “bontà” del prodotto nella sua applicazione terapica, non certo in fatto di golosità o gradimento al palato, ma in termini di efficacia.

Il Placacid era disponibile in vendita nei formati da 6 compresse, 18 e 50, acquistabili presentando la ricetta medica.

La confezione di oggi mi è stata donata dal Dott. Spineto Natale, e colgo l’occasione per ringraziarlo della sua generosità.

Grazie per aver letto il post!

 
 
 

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