Inferno XXVI

Oblio


  «In quel ruscello dove un salice sghembospecchia le sue brinate foglie nella corrente vitrea;là ella intrecciava fantastiche ghirlandedi ranuncoli, d'ortiche, di margherite,e di quelle lunghe orchidee purpureealle quali i franchi pastori dànno un nome più volgare,ma che le nostre fredde vergini chiamano dita di morte;e lassù, mentre s'arrampicava per appenderei suoi diademi d'erba alle pendule fronde dell'albero,un invidioso ramo si ruppe, e quei trofeied ella stessa caddero nel ruscello. Le sue vestisi gonfiarono intorno e la sostenneroper qualche tempo come una sirena,mentre ella intonava spunti di vecchie canzoni,quasi fosse inconscia della propria sventura,o come una figlia dell'acqua, familiarea quell'elemento. Ma per poco, poiché le sue vesti,pesanti per l'acqua assorbita, trascinarono l'infelicedal suo melodioso canto a una fangosa morte».tratto da: (Amleto, IV, VII)