Inferno XXVI

Cose e case


 Per due mesi lavorare tutti i giorni nel risistemare la casa,dopo dieci anni  dall’abbandono della tua morte, non è statasolo una fatica.Buttare le tue cose, ad esempio il tuo divano dove stesa,come ogni quotidiano momento di riposo,( ma quello non era piùsereno abbandono), hai trascorso le ultime giornate a casa,in preda ad un dolore diverso, prima di entrare definitivamente in ospedale…tutte quelle cose consumate ed usate all’inverosimile, tu chenon volevibuttare nulla, è stata una violenza, un trafiggerti ancora. Poi da sola, come in un templio, rifiutato ogni aiuto sacrilego, tu non ne hai maichiesti né voluti,ti ho fatto risorgere. Ho reso limpidi quei vetri dove tu arrampicatasulla scaletta ti slanciavi come in volo, percorsi con cera quei pavimenti che tu ti ostinavi con caparbia volontà ad avere specchianti,lucidate quelle porte che separavano i nosti mondi, reso ancora splendenti le maniglie d’ottone che io da bimba, incaricata di questo piccolo impegno di pulizie, eseguito a voltecontro voglia, immaginavo di trasformare da brunite ed opache,in oro zecchino……Ogni frammento è stato di nuovo fatto mio nel ricongiungersi del tempo, e gli elementi hanno ripreso nuova vita, ed anche tu con me.Domani arriveranno gli inquilini, gli ospiti. Non mi dispiace. Quella casa avrà di nuovo voci e sogni. Poi tra un mese se ne andranno. E noi ci potremo ancora incontrare e toccarci: userò la tua lavatrice, il tuo ferro da stiro, aprirò l’armadiodelle mille stroffe, dei rocchetti , dei pizzi che erano i tesoridel tuo hobby preferito, sfiorandoli appena per non turbare il loro ordine, il tuo.    E ci diremo che va bene così. Non si poteva fare altro.