goccedisogni

sui viali dei sogni...


Correvano i miei pensieri, correvano con quel treno infuso di dolori e si facevano spazio tra i tormenti e non trovavano pace. Le mie mani, abili attrici una volta, nascondevano leziosamente le svolte e i cambiamenti ed io, io, ferma sul binario di quella stazione, fissavo un punto buio, nero e sconosciuto all’orizzonte, che non aveva più un nome, né un viso. Le mie dita, grandi manie di pudore e vergogna, le nascondevo dietro guanti di seta strinti in pugni di coraggio ed io, io, la forza della mia mente, appesa come polvere nell’aria. Il vestito rosso della mia passione arrancava su un fianco il mio senso umano e non aveva parole da esprimere farneticando, ma solo si lasciava fluire col vento, in un’attesa senza limiti. Correvano i miei pensieri, e con loro anche la mia pazienza, che volteggiava nella commozione di attimi perduti, resi segreti dai minuti percorsi veloci, il tempo dei saluti, abbandonati con i gesti e resi infine muti. Muti come i sogni, dentro i miei occhi, nella stazione dei nostri limiti; muti come le immagini sfocate di labbra sbiadite e sguardi contorti; ormai in molti si domandavano chi era, e da dove veniva, quella ragazza di rosso vestita. Un rossetto impreciso, una lacrima arrendevole, e le parentesi delle distanze che facevano del mondo una strada piacevole. In molti, si chiedevano chi era, e da dove veniva quella ragazza dagli occhi chiari, ombreggiata dietro ai monti dell’avvenire, con gli occhi fissi all’orizzonte, a mirare luoghi lontani, irraggiungibili. Correvano i miei capricci bizzarri, sottili come perle o come coralli, residui di mari e oceani immensi, conosciuti una volta e mai più rivisti. Rivivevo come in un abbraccio, una brezza d’addio, e mi conducevo con l’anima all’altro, adesso lontano, che batteva i suoi secondi con attimi di dolcezza, affacciato a un vetro, in attesa anche lui, di un nuovo addio. Anche lui, anche io, anime unite dal destino; anime lasciate abbandonate, anime divise. Io e il treno che non c’era più; lui il treno e non più io. Lacrime scendevano dalle guance e bagnavano la passione come rosa d’autunno, con petali d’intorno in procinto di morte. Le mie palpebre socchiuse, sottolineatura di un’antica amarezza, e ritagli di perdono, raccolti ansimanti dai resti delle nostre giornate felici, ricalcavano la falce che ci attendeva all’uscita della nostra via; e poi il bivio, la stazione, il treno che correva veloce. Correva insieme ai miei pensieri, come canzoni intonate un’ultima volta, note accese nella mente e spente nel presente. Si scioglieva la mia solitudine, un sogno spogliato di un pallido sole, una voce nel cuore, un sussurro a distanza. La magia di una casa che si fa vacanza. Si scioglieva per sempre, il mio amore per lui: ansimi insieme gocciolanti, racchiudevano il sospiro dei nostri esseri, per un ultimo intenso dono. Poi, le spalle, volte altrove, al di là del mio treno, al di là di quella voce. Correvano i miei pensieri sui viali dei sogni ormai estinti, correvano sui binari, sulle scale e sulle genti, che si chiedevano chi era, e da dove veniva, quella ragazza di rosso vestita.