LE PAROLE

Post N° 279


Il giardino è curato.                      (3 di 3)Non dormo più. Non riesco a dormire. Chiudo gli occhi ma nulla cambia e vedo sempre le immagini di quello che ho vissuto. Forse non è quello che ho vissuto, è solo quello che ho immaginato di vivere, perché non ho più certezze in questa mia testa, se non quelle che mi invento. Mi piacerebbe appoggiare la testa sul cuscino che abbia odore di fieno e fare un bel sonno, come quando ero bambina e l’ultima voce che sentivo era quella di mamma, che mi baciava sulla fronte.Un bel sonno nella stanza dai soffitti alti, fredda gelida nella notte dell’inverno, e calda sotto la trapunta rossa. Invece ho un letto bianco, in questa stanza sempre troppo calda d’inverno e troppo fredda d’estate. Invece ho questo tempo che corre e non va da nessuna parte. Un attimo fa era mattino e adesso è notte. Verrà l’odiosa voce “dai nonnina andiamo a fare la pappa e poi a nanna” ed io non potrò nemmeno dirle di tacere che non sono nonnina, non ho nipoti, mai stata madre, mai stata moglie, mai avuto figli, che ho amato di più la mia libertà dell’amore di un qualsiasi uomo e non faccio pappa e nanna, io voglio morire, voglio solo morire, morire. Ecco morire. Morire. Addormentarmi e non svegliarmi più, finire, non esistere, smettere di pensare alle variazioni dei miei ricordi, smetterla di avere solo memorie sbagliate dei miei ricordi. Non so nemmeno se sono me o altro da me. Se le immagini che girano convulse nella mia mente sono vere o sono sogni. Verrà quella donnetta mascherata da bionda, allegra ragazza e non potrò nemmeno imprecare, maledire, bestemmiare, pregare. La rabbia sarà solo il tremito delle mie mani e l’affanno del respiro e mi dirà “dai nonnina prendi il confettino rosa che ti passa tutto” e tutto passa. Nulla passa e nulla si ferma in questo mio corpo che non è più mio, che non riconosco e non voglio.Voglio alzarmi da questa sedia come l’ombra che non vedo più e volare sopra a questa stanza, troppo luminosa e sparire nel buio. Voglio buio, sonno, silenzio. Morire e non esistere più, non essere più fastidio e rabbia, dolore e impotenza. Quando ancora il mio corpo rispondeva alla mia volontà dovevo fare il bel volo dal ponte sul fiume, come tante volte avevo immaginato di fare, ma non l’ho fatto per paura e non sapevo che mi aspettava questo incubo senza inizio e senza fine. Portami a fare “la pappa, dai nonnina”.Io ti odio. L’infermiera ha passi silenziosi e la saluta con un sorriso, le parla con voce alta, come viene spontaneo con chi si sa che non può sentirci e con gesti annoiati l’accompagna verso il tavolo dove le darà da mangiare “dai nonnina, mangia da brava che poi farai una bella nanna”. L. v. Beethoven "Kyrie"