LE PAROLE

Post N° 303


Vederli volteggiare come piume e con quella facilità di gesti che non fa pensare alla fatica, ma nemmeno alla forza.  
È un’idea di spontaneità. Si muovono come nei gesti quotidiani, con abitudine leggera. Li ho ammirati fin da bambina e ho inventato storie in cui fuggivo con il circo e diventavo una eterea e bellissima trapezista e il mio compagno di volteggi era il mio amore. Un principe azzurro volante che mi afferrava con braccia forti ed io mi abbandonavo docile e sicura nelle sue mani. La casa con le ruote e per città la strada. Ho sognato il sogno dell’amore che divideva l’aria che lo sosteneva e l’incertezza del vagabondare. L’amicizia come sistema di vita tra cani e gatti e pasti cucinati insieme, risate di clown tristi e pianti di acrobati allegri. Il duro lavoro di ogni giorno e la ripetizione degli esercizi sempre uguali era il collante.Questo immaginavo. Ancora oggi resto con lo sguardo sognante, stregata dall’impalpabile magia di gesti così precisi da sembrare casuali. Del circo non ho mai amato gli animali, nemmeno i cani e i cavalli che pur sono abituati alla mancanza di libertà da millenni di sudditanza con l’umano. Mi ha sempre intristito vedere leoni e ghepardi, elefanti e giraffe violentati nella loro indole e resi simili a tetri pupazzi. Del circo ho l’immagine onirica di forme perfette e armonia di movimenti. L’impalpabile magia di qualcosa che resta sospeso tra i colori vistosi di visi truccati e il fluttuare di corpi senza peso. Un volo libero di fantasia. Una lacrima di sorriso. Il circo che sognavo è questo. Le Cirque du Soleil. Da guardare e ascoltare.