LE PAROLE

Post N° 348


La candela sul davanzale della finestra che ho acceso insieme a mio figlio non è solo il simbolo dell’essere famiglia, sempre e comunque, al di fuori di qualunque schema o regola che non sia l’amore. È soprattutto la consapevolezza che non accetto la vuota banalità dell’apparenza. Le regole non sono fatte per inquadrare e obbligare, le regole sono fatte dall’essere umano nel continuo divenire che è la vita e quindi con le infinite ed incredibili sfaccettature che ha l’essere umano. Non devono esistere le famiglie del “mulinobianco”, quelle di serie A e le altre un gradino sotto. Anzi, le altre per troppi uomini e donne “di buona volontà” non esistono nemmeno.E poi quali altre famiglie? Per me l’unione libera di persone che si amano è famiglia, la più bella al mondo, e non esiste benessere più grande che la pace e l’armonia che il sentimento riesce a creare.Forse sono troppo romantica, oppure solamente un’eterna illusa a credere che l’unione più vera è quella del volersi bene, senza pregiudizio e senza timore di essere giudicati.Eppure è così chiaro e facile che non si dovrebbe nemmeno spenderci una parola “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” Ed invece di parole se ne stanno spendendo troppe e troppa confusione generano. Quello che so, per mia esperienza, è che la mia famiglia minima mi fa felice. La fiammella della candela resiste al vento della notte. Fa una piccola luce. Ma è luce.